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Mumford & Sons – Delta

C’è stato un periodo relativamente breve, a cavallo tra gli anni ‘80 e i primi del nuovo millennio, in cui la musica pop, perlopiù al maschile, godeva di un discreto successo. Il filone prevedeva un copione standard: un prodotto musicale ben confezionato per un certo tipo di pubblico, fatto di orde di ragazzine (e ragazzini) alle prese con i primi impeti ormonali.

A un certo punto il fenomeno è andato a scemare sempre di più, creando un ricircolo di nuove mode e generi musicali che, ad ogni modo, è appartenuto a ogni epoca. Il problema adesso è un altro: da un po’ di anni si sono fatti strada alcuni gruppi partiti da una piccola scintilla che metteva d’accordo un pubblico adulto abbastanza eterogeneo ma che il tempo ha ridimensionato, trasformandoli in prodotti pop, snobbati dallo stesso pubblico in epoca diversa, vedi Bastille, Imagine Dragons o, per l’appunto Mumford & Sons.

Il Delta della band di Marcus Mumford ha un quadruplo significato: “Delta” è il loro quarto album, come la quarta lettera dell’alfabeto greco, nato da un periodo di grande fertilità creativa, come il delta di un fiume, guidato tematicamente sulle quattro D di death, drug, divorce e depression. V’è più che la band londinese ha fatto riferimento alla sperimentazione di nuovi suoni per fare in modo che le tracce incorporassero elementi di elettronica, hip hop e jazz. Si tranquillizzino i cultori dei generi sopracitati, perché “Delta” non è all’altezza né delle premesse né tantomeno delle aspettative.

Le radici folk-bluegrass sono state sacrificate sull’altare dell’airplay radiofonico e degli algoritmi di Spotify, ma dopotutto, non è questo il fattore più fastidioso. “Delta” è impersonale, monotono e rimandante a quella sgradevole sensazione fin troppo comune di essere piacevole da ascoltare senza mai rapire davvero. La mancanza di ganci e tracce notevoli – la presenza di Guiding Light è davvero poca cosa – lascia l’album in sottotono palpabile.

Le influenze stilistiche delle quattordici tracce sono contraddistinte da un’assenza totale di sperimentazione e versatilità e, pensando a Marcus Mumford mentre descrive sessioni notturne à la Sun Ra, onestamente si fatica a scorgere qualcosa che si avvicini anche vagamente al pianista statunitense. Al contrario, non è difficile intravedere una strizzata d’occhio agli Alt-J in Woman e ai Coldplay di “Ghost Stories” in Slip Away.

Sarebbe infine interessante capire come i Mumford & Sons intendano trasporre, in un contesto live, l’r’n’b sintetico di Picture You, evitando di trasformarla in un composto plastificato. Onestamente, il gioco di un’attesa triennale non è valso a nulla o forse sì: accettare l’ennesima mutazione genetica di una promessa del folk in un fenomeno pop.

(2018, Gentlemen Of The Road / Glassnote / Island)

01 42
02 Guiding Light
03 Woman
04 Beloved
05 The Wild
06 October Skies
07 Slip Away
08 Rose Of Sharon
09 Picture You
10 Darkness Visible
11 If I Say
12 Wild Heart
13 Forever
14 Delta

IN BREVE: 1,5/5

Catanese, studi apparentemente molto poco creativi (la Giurisprudenza in realtà dà molto spazio alla fantasia e all'invenzione). Musicopatica per passione, purtroppo non ha ereditato l'eleganza sonora del fratello musicista; in compenso pianifica scelte di vita indossando gli auricolari.