Home RECENSIONI Neil Young & Crazy Horse – Americana

Neil Young & Crazy Horse – Americana

In tempo di crisi ci si guarda allo specchio. Si fa i conti con i frutti che crescono e con quelli marci, caduti per terra e rosicchiati dai parassiti. L’America puzza di polvere ancora oggi che la sua cicatrice, più sfregiante, possiede undici anni. Niente ripresa, nessuno sviluppo, un pezzo di carta verde chiamato dollaro e un foglio di giornale liso a coprire le notti di homeless e borsisti caduti in disgrazia. Ci si guarda allo specchio in tempo di crisi, in cerca di fiori profumati, buoni pensieri e di quella luce che non abbandona mai chi sa essere ottimista comunque. Zio Neil è così. Ha sfidato l’America a colpi di penna infuocata, l’ha amata come un canadese ama l’America, l’ha attraversata con le sue auto catalitiche, l’ha suonata sempre, lungo i suoi quarant’anni di carriera. E con lui i Crazy Horse, ultima frontiera di un modo di raccontare il nuovo continente. A quarantatré anni da “Everybody Knows, This Is Nowhere”, la band losangelina e il vecchio Young si guardano allo specchio con Americana. Undici tracce che affrontano il viaggio più affascinante che ci sia: ovvero quello del tempo a ritroso. Canzoni della tradizione a stelle e strisce (e anche prima dello “Stars and Stripes”) che volteggiano oggi sopra un Ground Zero pieno di elettrodi maligni, impattando contro tecnologie griffate, sorvolando città sdentate e disoccupazione, tra insegne di “rent”, cibi avariati, caldo isterico, grandi magazzini cinesi, ettari ed ettari di grano arabo. Ed il miracolo è che né SusannahClementine o Tom perdono un grammo della loro vicenda, anzi la rivivono fieramente grazie alla grinta elettrica tipica del “Cavallo Pazzo” e di Uncle Neil, qui con la solita voce generazionale. Poi ci sono i casi in cui la storia si prende gioco di noi, vedi nel caso di Get A Job, doo-wop del ‘57 a firma The Silhouttes, in cui il tema dell’assenza di lavoro produce un terribile cortocircuito con il tasso mostruoso di disoccupazione moderna. E si scherza, oh si scherza in questo albo, le risate dei nostri tra una spremuta di chitarre e una prova di forza rock, si sprecano. Si prova a raggirare, con la vecchia ricetta della nostalgia intelligente, un mondo supersonico e indifferente. Talmente tanto, da non essersi accorto di guardare dal basso i rami dell’albero, mentre un verme senza pietà lo divora a morte.

(2012, Reprise)

01 Oh Susannah
02 Clementine
03 Tom Dula
04 Gallows Pole
05 Get A Job
06 Travel On
07 High Flyin’ Bird
08 Jesus’ Chariot
09 This Land Is Your Land
10 Wayfarin’ Stranger
11 God Save The Queen

A cura di Riccardo Marra