Home RECENSIONI Noel Gallagher’s High Flying Birds – S/T

Noel Gallagher’s High Flying Birds – S/T

Archiviati (almeno momentaneamente) gli Oasis, i fratelli Gallagher non hanno certo lasciato a bocca asciutta per troppo tempo gli orfani della band di Manchester, seppur in modi decisamente differenti. Ai proclami fin troppo ambiziosi (e, numeri alla mano, abbastanza ridicoli) dei Beady Eye, fa ora da contraltare l’atteggiamento volutamente (e piacevolmente) low profile del progetto solista di Noel Gallagher. Già, perché a dispetto del nome di questo album – e band – gli High Flying Birds altro non sono che i musicisti che accompagneranno live il signor Gallagher in questa sua nuova carriera. Piccola annotazione di carattere puramente personale: come tanti altri, anch’io sono cresciuto a pane e Oasis, spendendo tante energie fisiche ed economiche per seguire questa band. Come tanti altri, anch’io ho poi differenziato i miei gusti musicali, senza però mai rinnegare un gruppo che ha fatto sognare per un decennio abbondante milioni di persone, tra cui il sottoscritto. La curiosità per questo debutto era dunque enorme. La pubblicazione dell’album era stata preceduta dal singolo The Death Of You And Me, che aveva deluso un po’ tutti: canzoncina insipida, buona giusto per qualche passaggio in radio e nulla più, che ha rappresentato un esordio assolutamente deludente per una carriera solista. Non è che con l’album vada poi tanto meglio, la sensazione che questo disco sia deludente (e dunque non all’altezza della discografia di Mr. Gallagher) fa purtroppo compagnia ad ogni ascolto. Ma – c’è fortunatamente un ma – qualsiasi persona che ha apprezzato la musica degli Oasis nella sua vita non può credere alla proprie orecchie quando il lettore arriva alla traccia numero tre: non mi è mai piaciuto fare particolari distinguo nel giudizio di un album, ma If I Had a Gun merita una doverosa eccezione. Una canzone brillante, ben costruita e con melodie finalmente fresche e convincenti – al livello delle migliori composizioni di The Chief – che rappresenta quello che da tre anni tutti i fan degli Oasis aspettavano: un nuovo inno con il quale potersi emozionare, una gemma tra le macerie delle canzoni proposte dagli ex Oasis in questo triennio. D’altronde non è certo un caso che in tutti i siti specializzati ”If I Had A Gun” stravinca in qualsiasi sondaggio come migliore brano post Oasis dei fratelli Gallagher. D’accordo, la concorrenza non è certo altissima, ma questo pezzo rimane, con il suo crescendo emozionante (ulteriormente valorizzato dagli arrangiamenti), una canzone pop rock straordinaria. Ed il resto del disco? AKA…Broken Arrow è una piacevole ballata malinconica che in un album Oasis sarebbe stato il classico “finto riempitivo”: apparentemente debole, cresce alla distanza guadagnando punti ascolto dopo ascolto. A parte questo però il resto del disco è abbastanza desolante, i limiti si iniziano ad intravedere con AKA…What A Life!, canzone che sembra promettere più che bene ma che, al momento dei fatti (leggasi ritornello), si sgonfia ingloriosamente con l’aggravante di assomigliare un po’ troppo a “Meet Me On The Equinox” dei Death Cab For Cutie (o quantomeno di risultarne una brutta copia). Rimane comunque un brano che si guadagna la sua meritata sufficienza, cosa che purtroppo non si può dire del resto dell’album (e, scaletta alla mano, si tratta di ben sette canzoni). La voce di Noel Gallagher è sempre bella da sentire, il lavoro di produzione rimane eccellente, ma scarseggiano le idee e con esse le melodie che ti rimangono in testa. Dopo il gran parlare in tutti questi anni (per chi non lo sapesse, alcune canzoni giacevano nel cassetto da quasi un decennio) Stop The Clocks e (I Wanna Live In A Dream In My) Record Machine, pur avendo qualche spunto interessante, risultano poca cosa. Non sono certo da buttare via, ma – considerato che chi si avvicina all’album conosce bene la discografia Oasis – risultano così prevedibili da lasciare l’amaro in bocca, testimonianza del fatto che questo Noel Gallagher ha dei limiti, ben diversi dall’epoca nella quale, a metà degli anni ‘90, sfornava bellissime canzoni a ripetizione, b-sides comprese. Il discorso non cambia di una virgola nel resto del disco, tanti buoni propositi ma poca sostanza, e (Stranded On) The Wrong Beach ne è forse l’esempio più lampante. Brani piacevoli ma che dopo un po’ annoiano, vittime del tasto skip che va a cercare quei due/tre brani degni di nota nell’album. Un disco che va dunque preso per quel che è: sprazzi di genio incastonati in una struttura appena sufficiente, con tanta malinconia per il Noel che fu.

(2011, Sour Mash)

01 Everybody’s On The Run
02 Dream On
03 If I Had A Gun
04 The Death Of You And Me
05 (I Wanna Live In A Dream In My) Record Machine
06 AKA… What A Life!
07 Soldier Boys And Jesus Freaks
08 AKA… Broken Arrow
09 (Stranded On) The Wrong Beach
10 Stop The Clocks

A cura di Karol Firrincieli