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Patti Smith – Banga

Il problema di un’icona è sempre lo stesso da che mondo è mondo: rimanere tale a lungo, resistere alle nuove generazioni che incalzano, non sbagliare troppe mosse e, quando ciò accade, riuscire a spacciarle per qualcos’altro. Patti Smith in una virtuale scala iconografica da 1 a 10 riceverebbe sempre voto 9. Giusto perché il 10 se lo beccano Jimi Hendrix, Janis Joplin e altri che in comune hanno una tragica e prematura scomparsa, circostanza che nella classifica in questione aiuta parecchio, è inutile negarlo. E si becca il 9 perché il suo carisma e il suo appeal non sono che aumentati col trascorrere delle decadi e perché passi falsi ne ha commessi davvero pochi. Fra questi non rientra di certo Banga, suo undicesimo lavoro in studio. La motivazione principale è talmente lapalissiana da apparire persino banale: il lirismo della Smith. Il suo modo unico di salmodiare, la sua capacità di usare le parole ora come caramelle ora come lame affilate pronte ad aprirti in due. “Banga” di tutto ciò ne è stracolmo, basti ascoltare Tarkovsky (The Second Stop Is Jupiter), Mosaic, Seneca o la lunghissima Constantine’s Dream (oltre dieci minuti di durata) per averne immediati e lampanti esempi: poesie più che canzoni, composizioni ai limiti del reading che si fortificano nel cantato/parlato della Smith. Poi c’è anche una ricerca sonora mai banale e mai eccessiva, l’apporto di un altro mostro sacro quale l’amico Tom Verlaine alla chitarra nel singolo April Fool e in Nine, nonché un’abile capacità di toccare i tasti giusti: vedi Fuji-san, tributo ai giapponesi colpiti dal terremoto/tsunami del 2011, This Is The Girl dedicata ad Amy Winehouse o il cammeo di Johnny Depp, accreditato a chitarra e batteria nella title track (e al cui compleanno pare anche sia dedicata la già citata “Nine”). E poi Amerigo, omaggio al Vespucci che scoprì l’America, Maria, dedicata all’attrice Schneider recentemente scomparsa, e per finire After The Gold Rush, riuscitissima cover di Neil Young. Dodici tracce ispirate e impregnate di una classe universale che fanno dello status di “icona” di Patti Smith una dimensione difficilmente intaccabile.

(2012, Sony)

01 Amerigo
02 April Fool
03 Fuji-san
04 This Is The Girl
05 Banga
06 Maria
07 Tarkovsky (The Second Stop Is Jupiter)
08 Mosaic
09 Nine
10 Seneca
11 Constantine’s Dream
12 After The Gold Rush

A cura di Emanuele Brunetto