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Port-Royal – Dying In Time

Se n’è parlato abbondantemente dell’inversione di rotta dei genovesi Port-Royal, dagli esordi stridenti di “Flares” (2005) al secondo volume “Afraid To Dance” (2007). Dal post-rock strumentale made in England all’elettronica martellante che a un certo punto s’impossessa di Attilio Buzzone e soci. Mutazioni nello stile, mutazioni all’interno della line-up di una band che prende le sembianze di una non-band, il rafforzamento del legame audio/video (grazie all’entrata in gioco di Sieva Diamantakos) e tante collaborazioni di lusso che contribuiscono a far circolare il nome dei Port-Royal anche – e soprattutto – fuori dai confini italiani. Tanta roba per una storia che, al contrario di quanto potrebbe immaginare chi non li conoscesse, non è lunga un ventennio ma solo una manciata di anni. I Port-Royal di questo Dying In Time sono, e lo diciamo subito a scanso di equivoci, i migliori mai sentiti. Le undici tracce che compongono l’album si ritrovano divise una dall’altra per ovvie ragioni pratiche, ma in realtà quella che viene presentata è un’unica, lunghissima, ossessiva suite che rischia ad ogni passaggio di mandare in trans l’ascoltatore. I cambi di ritmo restano una costante delle composizioni dei Port-Royal, intenti ora in dilatate divagazioni ambient (Exhausted Muse / Europe) ora in reminescenze dance provenienti direttamente dal lavoro precedente (la stupenda Nights In Kiev, uno dei pezzi migliori dell’intera produzione a nome Port-Royal, o The Photoshopped Prince). I passaggi da una “zona sonora” all’altra sono repentini, e il continuo saliscendi nelle grandi montagne russe dell’elettronica più sintetica finisce per dare all’intero album una forma sferica ed incalzante. Come nell’album d’esordio (dov’erano presenti “Zobione” e “Flares”), anche qui compare una trilogia. Hermitage, questo il titolo, non è soltanto un segno di continuità fra il passato meno recente e il presente dei Port-Royal, è piuttosto l’aggiornatissimo compendio della loro musica, fatta di atmosfere magiche e ritmi geometricamente scanditi. I Port-Royal con “Dying In Time” hanno fatto bingo, in un colpo solo conquistano la palma di massima espressione dell’elettronica italiana e quella di ambasciatori all’estero di uno sperimentalismo che nel nostro paese è spesso latente… come a dire: “anche noi sappiamo utilizzarli questi benedetti Mac”.

(2009, N5MD)

01 Hva (Failed Revolutions)
02 Nights In Kiev
03 Anna Ustinova
04 Exhausted Muse / Europe
05 I Used To Be Sad
06 Susy: Blue East Fading
07 The Photoshopped Prince
08 Balding Generation (Losing Hair As We Lose Hope)
09 Hermitage Pt. 1
10 Hermitage Pt. 2
11 Hermitage Pt. 3

A cura di Emanuele Brunetto