Home RECENSIONI Psychedelic Porn Crumpets – SHYGA! The Sunlight Mound

Psychedelic Porn Crumpets – SHYGA! The Sunlight Mound

Che gli daranno per colazione ai loro figliuoli in Australia? Sciolgono forse dei quartini di acido nel tè dei ragazzi, come facevano quei poveri stronzi dei coinquilini di Syd Barrett al leggendario cantante dei Pink Floyd? Viene da domandarselo se, in un’epoca nella quale – possiamo abbastanza serenamente dirlo – il rock è andato a puttane e ridotto a situazioni comico-tragico-parodiche come quella dei Greta Van Fleet, dallo stesso posto arrivano Tame Impala, Pond, King Gizzard & The Lizard Wizard e queste adorabili Focaccine Porno Psichedeliche. Grande quanto vi pare l’Australia eh, ma ha la misera cifra di venticinque milioni di abitanti, meno della metà dell’Italia. Sia quel che sia, quest’aberrazione statistica è assai gradita, soprattutto perché la qualità del rock prodotto è eccellente, è fresca e talvolta azzardata.

I Crumpets, al quarto album dopo il variegato “And Now For The Whatchamacallit” (2019), spingono forte sull’acceleratore per quaranta tiratissimi minuti nei quali fondono Sabbath e space rock, psichedelia e gusto pop. Ed è proprio il gusto pop a informare SHYGA! The Sunlight Mound, il più radiofonico (e probabilmente il migliore) dei lavori della band di Perth, che cerca di ricordare a noi tutti che l’FM non è solo utile a cavare il sangue dalla rapa della trap o a fornire una piattaforma per il riciclo continuo di giovani sputati fuori dai talent show e poi abbandonati in balia del loro destino all’inizio della nuova stagione.

Se solo si avesse il coraggio di passare roba come Mundungus in radio ci si potrebbe accorgere che suona da dio: riff/refrain selvaggio, bpm abbestia, armonie e su tutto la voce particolarmente gradevole di Jack McEwan, evidentemente leader dei Crumpets nonché autore principale. E, nonostante non rinuncino a un suono pesante, in “SHYGA!” diversi sono gli episodi potenzialmente molto radiofonici, come certamente lo sono i tre singoli Pukebox, Tally-Ho e Mr. Prism. Certo, fanno un bordello della malora, ma questo bordello non è mai qualificabile come metal o niente del genere: è semplicemente rock’n’roll, but we like it, diceva quel signore con le grosse labbra.

Psichedelico sì, ma anche carico di ritmo e di tensione. Più in generale sono state un po’ messe da parte le tendenze più progressive evidenziate nei due “High Visceral”, esordio e seguito che hanno aperto la carriera della band australiana, prova ne sia l’assenza di pezzi di durata maggiore ai quattro minuti e mezzo e, a dire il vero, gli unici pezzi che superano i quattro minuti sono due, Mango Terrarium e la conclusiva The Tale Of Gurney Gridman.

Uniche concessioni a quello che è un unico, famelico trip rock’n’roll sono tre brevi pastichepsichedeliche piazzate all’inizio, metà e conclusione dell’album; tolte quelle, “SHYGA!” procede debordando energia, colori e, dettaglio non indifferente, musica rock di gran livello. Ebbene sì, è ancora possibile. E McEwan e soci sembrano voler dire una cosa a quegli stronzi che si emozionano – al giorno d’oggi, nell’epoca nella quale non si dice neanche più che il rock sia morto, si dà direttamente per scontato – a sentire basso-chitarra-batteria-voce fare roba che non sia una ridicola parodia: resistere, resistere, resistere.

(2021, What Reality? / Marathon Artists)

01 Big Dijon
02 Tally-Ho
03 Sawtooth Monkfish
04 Tripolasaur
05 Mr. Prism
06 The Terrors
07 Hats Off To The Green Bins
08 Glitter Bug
09 More Glitter
10 Pukebox
11 Mundungus
12 Mango Terrarium
13 Round The Corner
14 The Tale Of Gurney Gridman

IN BREVE: 4/5

Reverendo Dudeista, collezionista ossessivo compulsivo, avvocato fallito, musicista fallito. Ha vissuto cento vite, nessuna delle quali interessante. Scrive per Il Cibicida da un numero imprecisato di anni che sarebbe precisato se solo sapesse contare.