Home RECENSIONI Ryan Adams – Morning Glory

Ryan Adams – Morning Glory

Che un artista apprezzi così tanto una cover di un suo brano, tanto da “farla sua”, è cosa più unica che rara: è avvenuto però una ventina d’anni fa, con una canzone d’eccezione come Wonderwall. Noel Gallagher (allora ancora chitarrista degli Oasis) si innamorò così tanto della versione intima e minimale firmata da Ryan Adams da riproporla dal vivo più volte. Nel frattempo, l’iperprolifico (a tratti bulimico) cantautore americano ha avuto la sua più che dignitosa carriera (con, qualche anno fa, l’enorme problema delle accuse di molestie sessuali da parte di più donne), senza mai nascondere la sua passione per le cover, brani riletti sempre in una chiave tutta particolare.

Dopo avere reinterpretato l’anno scorso – con giudizi contrastanti – “Nebraska”, capolavoro di Bruce Springsteen, stavolta si cimenta con “(What’s The Story) Morning Glory?” degli Oasis, includendo anche tante b-sides dell’epoca. Molto difficile dare un giudizio uniforme: paragonando inevitabilmente il lavoro di Adams all’originale della band di Manchester, ci sono alcuni estratti onestamente inutili (pensiamo alle trascurabili riletture di Headshrinker, Don’t Look Back In Anger, Talk Tonight, She’s Electric), ma altri letteralmente memorabili, in alcuni casi addirittura vincitori ai punti nel confronto con gli originali.

Concentriamoci dunque sulle cose belle, bellissime di questo Morning Glory anno 2023: Hello – pezzo migliore del disco – è meravigliosamente malinconica, intima, capace di toccare le corde più profonde del cuore, facendosi preferire all’originale (dalla quale si distingue anche per l’assenza del finale “Hello, Hello It’s good to be back” a sua volta “preso in prestito” a Gary Glitter da parte di Gallagher). A vincere il confronto con l’originale oasisiana è persino la title track, sospesa stavolta tra struggenti strofe acustiche e un ritornello che ritorna in parte rabbioso.

A proposito di strofe e ritornelli: Adams le rimescola, le accorcia, le allunga a suo piacimento, cambiandone anche la tonalità: è così che un brano come Roll With It inizia clamorosamente in chiave dream pop, ed è davvero un gran bel sentire; bene anche una delicatissima Hey Now e Champagne Supernova, ovattata di brillante psichedelia: in questo caso non ce la sentiamo di preferirla all’originale, ma la Supernova di Adams vive indubbiamente di luce propria. Non manca ovviamente Wonderwall, ulteriormente riletta per questo album, un lavoro in studio sicuramente non inutile: reali interpretazioni, a volte riuscitissime, a volte meno ma sempre e comunque coraggiose. Da ascoltare.

— 2023 | PAX-AM —

IN BREVE: 3,5/5

Una malattia cronica chiamata britpop lo affligge dal lontano 1994 e non vuole guarire. Bassista fallito, ma per suonare da headliner a Glastonbury c'è tempo. Già farmacista, ha messo su la sua piccola impresa turistica. Scrive per Il Cibicida dal 2009.