Home RECENSIONI Sharon Jones & The Dap-Kings – Give The People What They Want

Sharon Jones & The Dap-Kings – Give The People What They Want

givethepeoplewhattheywantL’improbabile eroina del soul revival, Sharon Jones, è di recente saltata alla ribalta dell’avida stampa musicale, che se l’è spolpata intervista dopo intervista coprendola di attenzioni e soffocandola di domande. Come mai questa spropositata attenzione? Perché la 57enne Jones con i suoi Dap-Kings ha sfornato un nuovo album e quest’album è un capolavoro? No, ad essere sinceri non è per questo. Il nuovo album c’è, quel Give The People What They Want atteso da Agosto 2013 e rimandato a Gennaio 2014. Tuttavia, le attenzioni sono dovute al fatto che la bella e brava Sharon è stata operata per un cancro al pancreas, ha subito la terribile esperienza della chemioterapia e, calva e stanca, si è presentata comunque grintosa a promuovere il nuovo album e il nuovo tour.

I Dap-Kings di Bosco Mann sono degli strepitosi session-men (in Italia si dice “turnisti”, che suona decisamente meno figo) noti, oltre che per essere i leader del soul-revival, soprattutto per la partecipazione come backing band in quel capolavoro moderno che è “Back To Black” di Amy Winehouse, ormai – meritatamente – nella storia del rock al pari dei grandi classici. Al loro quinto album non cambiano musica, né hanno intenzione di farlo in tempi brevi: Mann è un esperto di registrazione analogica, rifugge il digitale e si gloria di essere il capofila del revival di tutta una serie di sottogeneri in voga dall’inizio dei sessanta a metà degli anni ’70, dal doo-wop al soul in stile Motown, dal funk di James Brown alle meraviglie della Stax, dal raffinato pop che John Barry scriveva per Shirley Bassey fino al soul impegnato di Sam Cooke e Curtis Mayfield.

Nei fatti, questa quinta raccolta di studio sfoggia proprio ciò di cui Bosco Mann si bulla: un suono strepitoso che non risulta per niente datato, una collezione di pezzi che sembra tratta da un’enciclopedia del pop, capitolo soul, con canzoni gloriose come la apripista Retreat!, in cui Sharon intima rabbiosamente ad un ex di farsi da parte, o il gioiellino We Get Along, perfetto pezzo pop anni ’60 che non sfigurerebbe nelle compilation della serie “The Golden Age Of American Rock’N’Roll”, edite negli anni ’90 dalla Ace Records e dedite alla riscoperta di tutti quei sottovalutati 45 giri che sono intercorsi nel periodo intermedio tra Elvis e i Beatles.

E proprio qui si capisce quale sia il problema con questa gradevolissima collezione: il livello di pezzi come You’ll Be Lonely, tra arrangiamento, registrazione ed esecuzione, è molto alto; il livello della scrittura, tuttavia, si colloca perfettamente nel campo di Oldies But Goodies, ovverosia quello di gradevoli pezzi finiti nel dimenticatoio, riscoperti per nostalgia e ricollocati negli archivi dove, tutto sommato, meritavano di stare.

Inoltre, senza scomodare Aretha o Etta James, la brava Sharon non ha quel quid pluris che aveva la buonanima di Amy Winehouse, quel qualcosa che ti fa fare la storia non solo sulle pagine del Sun ma anche e soprattutto nello studio di registrazione.

Ci dispiace per il cancro, e auguriamo a Sharon di continuare per altri 50 anni con i suoi Dap-Kings e la perizia tecnica (quella, sì, strepitosa e destinata a passare alla storia fra gli addetti ai lavori) di Bosco Mann ad eseguire questi gradevolissimi pezzi in giro per il mondo, ma il punto è che anche la migliore delle tribute band rimane pur sempre una tribute band, sia che essa esegua pezzi altrui sia che esegua pezzi originali, ergo chi l’ascolta, presto o tardi, finirà per chiedersi perché dovrebbe dedicare il suo tempo al tributo piuttosto che all’originale.

Ascoltando singolarmente i pezzi, si può facilmente essere intortati dal groove sexy quasi rebennackiano di Long Time, Wrong Time o dalla languida Slow Down, Love, ma ascoltando l’intero long playing si arriva stanchi al traguardo quasi quanto sarà stanca Sharon Jones di parlare di calvizie, chemioterapia e condotto biliare in interviste che, teoricamente, dovrebbero essere dedicate a scoprire le motivazioni e il lavoro dietro “Give The People What They Want”.

(2014, Daptone)

01 Retreat!
02 Stranger To My Happiness
03 We Get Along
04 You’ll Be Lonely
05 Now I See
06 Making Up And Breaking Up (And Making Up And Breaking Up Over Again)
07 Get Up And Get Out
08 Long Time, Wrong Time
09 People Don’t Get What They Deserve
10 Slow Down, Love

IN BREVE: 2,5/5

Reverendo Dudeista, collezionista ossessivo compulsivo, avvocato fallito, musicista fallito. Ha vissuto cento vite, nessuna delle quali interessante. Scrive per Il Cibicida da un numero imprecisato di anni che sarebbe precisato se solo sapesse contare.