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The War On Drugs – I Don’t Live Here Anymore

Non c’è vergogna ad ammetterlo: i The War On Drugs rappresentano un giardino segreto, il posto perfetto in cui rifugiarsi quando tutto attorno è troppo complesso, difficile da digerire o al contrario eccessivamente leggero, glitterato. Sono un guilty pleasure calmierato da ottime recensioni e due album su cinque più che buoni. Un dubbio è lecito però: nella carriera di un artista, per quanto tempo si può comporre seguendo la stessa identica falsariga dei lavori precedenti e marcando sempre le stesse orme? Ad esempio, se Ryan Adams non fosse rimasto vittima di se stesso sarebbe stato un esempio virtuoso, sotto questo punto di vista.

Come per gli album precedenti, anche in questo caso l’operato di Adam Granduciel, frontman e principale forza creativa dei The War On Drugs, è certosino: I Don’t Live Here Anymore è il risultato di quattro anni di riflessioni, di take incise in svariati studi, il tutto per ottenere l’effetto perfetto: una stratificazione di strumenti, incastrati in perfetta armonia con una produzione immacolata. L’omaggio di Granduciel a Springsteen ha toccato il suo apice con la nascita del figlio Bruce, chiamato così in omaggio all’artista, ma qui è più evidente che mai: le atmosfere della opening track Living Proof, ricalcante le orme di “One Minute Here”, intro di “Western Star”, sembrano voler seguire lo stesso climax ma il risultato è alquanto fiacco.

In sequenza, il lato A mostra parecchi punti deboli, Harmonia’s Dream, melodia synth senza mordente, Change e I Don’t Wanna Wait (entrambe confondibili, come molte altre tracce, con un pezzo preso a caso dai primi album di Bryan Adams). Dalla title track in poi la situazione cambia lievemente e per quanto si abbia l’impressione di ascoltare una melodia riscaldata più e più volte, la godibilità è maggiore. Ci sono piacevoli echi di Simple Minds in I Don’t Live Here Anymore, sarà per i backing vocals al femminile che ricordano quelli di Sarah Brown, “prestati” dal vivo alla band di Glasgow, le atmosfere veloci e brillanti di Wasted prendono le mosse da “Nothing To Find” (da “A Deeper Understanding” del 2017) ma non per questo funzionano meno bene, un folk sintetico tipico di Granduciel, azzeccatissimo su Occasional Rain.

“I Don’t Live Here Anymore” naviga attraverso un canale ben collaudato, costruendo canzoni nostalgiche che parlano di mutevolezza, di movimento e di costante cambiamento. Ma rispetto al passato (ricordiamo che “A Deeper Understanding” fu vincitore di un Grammy come miglior album rock) la referenzialità non si bilancia abbastanza con l’originalità. “I Don’t Live Here Anymore” rappresenta il tipico esempio di come un’intuizione semplice non sia vincente a prescindere ma dipenda da svariati fattori, che ogni tanto possono mancare. Di sicuro non sarà il peggiore album nella carriera dei The War On Drugs, ma neanche il migliore.

(2021, Atlantic)

01 Living Proof
02 Harmonia’s Dream
03 Change
04 I Don’t Wanna Wait
05 Victim
06 I Don’t Live Here Anymore (feat. Lucius)
07 Old Skin
08 Wasted
09 Rings Around My Father’s Eyes
10 Occasional Rain

IN BREVE: 3/5

Catanese, studi apparentemente molto poco creativi (la Giurisprudenza in realtà dà molto spazio alla fantasia e all'invenzione). Musicopatica per passione, purtroppo non ha ereditato l'eleganza sonora del fratello musicista; in compenso pianifica scelte di vita indossando gli auricolari.