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Tindersticks – Distractions

I Tindersticks sono ormai dei veterani della scena indipendente. “Indipendente” vera eh, non quella roba che viene definita “indie” ma che sostanzialmente è robaccia pop vecchia di decenni, distribuita da gente coi soldi e pensata con la speranza del largo consumo da gente che vorrebbe fare i soldi di Bono Vox; “indipendente”, “indie”, vuol dire – o almeno, vorrebbe dire – che è distribuita in maniera indipendente, prodotta in maniera indipendente, lontana dai grossi e danarosi colossi delle major e che ragiona in maniera da non tenere conto del mercato ma dell’opera in sé, senza ragionare di cosa possa solleticare l’acquirente o, visti i lacci in cui si trova l’industria discografica al momento, diciamo l’ascoltatore.

E così, in quanto veterani, Staples e soci esercitano con forza quest’idea di indipendenza, variando l’attitudine in base all’umore: il quasi brutale “The Waiting Room” (2016), il lussureggiante, rigoglioso “No Treasure But Hope” (2019) e adesso questo Distractions, in apparenza figlio del lockdown, della pandemia, ma in realtà maturato (secondo le parole di Stuart Staples) da un senso di insoddisfazione per l’album precedente, che nasceva dall’esigenza di suonare insieme, in studio.

“Distractions” comincia in modo abbastanza inconsueto per la band di Nottingham: una furiosa sperimentazione elettronica nella quale il consueto stile narrativo di Staples lascia posto ad un delirio quasi onirico, scarno, frammentato (“Can’t stop the feeling, can’t stop the feeling / But I’m not greedy for the scan no more, the scan no more / I’m not greedy for the scan no more, scan no more”). Questa Man Alone (Can’t Stop The Fadin’) apre l’album in maniera disturbante, con undici minuti che lasciano un po’ frastornati, attutiti immediatamente dall’eterea I Imagine You, narrata con dei sussurri, poetica, ma anch’essa scarna seppur in maniera totalmente diversa.

Staples non è estraneo al reinterpretare i lavori altrui, e qui lo fa ancora una volta in maniera superba, dando di nuovo vita alla meravigliosa A Man Needs A Maid di Neil Young e trasformando l’abrasiva (e tremendamente politica, altra novità per i Tindersticks) You’ll Have To Scream Louder dei Television Personalities, band di culto del post punk londinese, in uno straziato funk sorretto da una drum machine adatto a catalizzare i sentimenti di impotenza per gli abusi visti in America (la morte di George Floyd in particolare).

Certamente germogliato prima che il mondo si fermasse a causa del virus (Man Alone e la conclusiva The Bough Bends erano già scritte in Gennaio, e le cover – le due citate più Lady With The Braid di Dory Previn – già provate negli anni precedenti senza riuscire a registrarle in maniera adeguata), è innegabile che dal mondo congelato “Distractions” abbia tratto linfa vitale: la frustrazione per i concerti cancellati, l’impossibilità di suonare tutti insieme in una stanza, hanno certamente dato una forma più concreta (e forse più radicale) al cambiamento già pensato per “necessità di cambiare aria” e “un qualcosa di diverso che avevo bisogno di trovare”, come ha affermato Staples nel descrivere la genesi dell’album. E questa forma, ancora una volta, è diversa ma, ancora una volta, racchiude l’essenza dei Tindersticks: in costante mutazione ma sempre con un’identità forte che trasuda da tutti i loro lavori e li rende unici.

(2021, City Slang)

01 Man Alone (Can’t Stop The Fadin’)
02 I Imagine You
03 A Man Needs A Maid
04 Lady With The Braid
05 You’ll Have To Scream Louder
06 Tue-Moi
07 The Bough Bends

IN BREVE: 4/5

Reverendo Dudeista, collezionista ossessivo compulsivo, avvocato fallito, musicista fallito. Ha vissuto cento vite, nessuna delle quali interessante. Scrive per Il Cibicida da un numero imprecisato di anni che sarebbe precisato se solo sapesse contare.