Home RECENSIONI Waxahatchee – Out In The Storm

Waxahatchee – Out In The Storm

Che dire, la Crutchfield ha scelto davvero un nome adatto per il suo progetto musicale: Waxahatchee. Già, perché questo è il nome del torrente dell’Alabama al quale si è ispirata e si sa, la portata di questi corsi d’acqua non è per nulla stabile e costante. Un po’ come la route di quest’artista. 28 anni, 3 dischi alle spalle, tra pezzi riusciti e altri meno, tra valutazioni e critiche a volte positive e altre negative, la songwriter americana è tornata con il suo nuovo lavoro: Out In The Storm.

Siamo passati al “periodo di piena”? Sì, pare proprio che questo lavoro apra un nuovo capitolo. Non si può definire un vero e proprio breakup album ma certamente è la prova di un’evoluzione verso una maturità artistica ora raggiunta. Con una struttura chiara, precisa, che si palesa con brani che seguono una stessa linea musicale e una determinata espressività comunicativa, si può senza dubbio affermare che la variabilità in questo caso è più a livello emotivo ed emozionale che compositivo: questo fa di “Out In The Storm” il suo lavoro più autentico e personale. “Un disco sincero di un tempo in cui non ero proprio sincera con me stessa”, lo definisce la Crutchfield.

Ed è così che esprime le proprie emozioni dopo la rottura con il suo compagno, in modo sincero, diretto, quasi confidenziale. Imbarazzo, determinazione, torto e ragione, amore e odio, libertà e rimpianti, felicità, dolore, rabbia: è quello che si vive in queste situazioni, soprattutto quando si rimane impigliati in rapporti sbagliati. È la realtà. È quello che la gente vive, identificandosi in pieno nelle parole della cantante.

Quale modo migliore per liberarsi e per esternare sentimenti e sensazioni contrastanti se non scrivendo canzoni? “I spent all my time learning how to defeat you at your own game, it’s embarrassing/ Am I happy or maniac”: ecco la risposta a questa domanda. È così che inizia Never Been Wrong, brano di apertura dell’album. Niente di più efficace. Tanto quanto è eloquente quel riff e convincente quella batteria. E le tastiere di Allison in Recite Remorse? La sua “mirror twin”. “I see myself through my sister’s eyes” canta in Sparks Fly, ricordando il loro viaggio a Berlino. La voce calda e il giro di basso di 8 Ball risuonano quasi come un quieto preludio all’energia e alla consapevolezza di Silver. A Little More e Fade, con la loro delicatezza e malinconia sembrano invece fare da cornice al brano più energico dell’album, No Question.

Il tutto coronato da una chitarra che solo un produttore come John Agnello poteva esaltare in questo modo. Anche la voce della cantante è valorizzata maggiormente rispetto ai precedenti lavori e nel suo timbro si possono ritrovare sfumature che ricordano artisti come Alanis Morissette. Lo stile anni ‘90 dell’album è inconfondibile, come lo sono le tracce di garage, punk, grunge e pop presenti.

I primi lavori della Crutchfield sono “a result of a snowstorm…”, motivo per cui rimase confinata nella casa dei genitori, in prossimità del Waxahatchee Creek, e iniziò a scrivere la sua musica. E se un evento così raro per l’Alabama ha voluto che questa ragazza iniziasse il suo percorso musicale, noi non possiamo che augurarci che questa nuova tempesta, emotiva e intima, della cantautrice sia l’avvio di una maturità musicale e personale che porterà alla produzione di altri lavori interessanti.

(2017, Merge)

01 Never Been Wrong
02 8 Ball
03 Silver
04 Recite Remorse
05 Sparks Fly
06 Brass Beam
07 Hear You
08 A Little More
09 No Question
10 Fade

IN BREVE: 3,5/5

Logopedista per professione e musicomane a tempo indeterminato. Cantante e pittrice per passione, trascorro le giornate tra dischi e pennelli sparsi per casa.