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Jeff Ament – Tone

I primi ad uscire dagli schemi della band, nel 2001, furono Stone Gossard e la sua chitarra con “Bayleaf”, esordio da solista per la sei corde ritmica dei Pearl Jam. Poi è toccato al personaggio più atteso, Eddie Vedder, negli scaffali lo scorso anno con la soundtrack di “Into The Wild”, curata interamente dal frontman/vocalist degli ultimi reduci del grunge. Oggi è il turno di un altro pezzo da novanta della formazione di Seattle, il bassista Jeff Ament, che ha deciso di “fare un po’ di pulizia sui propri scaffali” (come da egli stesso asserito) rispolverando materiale accumulato in oltre un decennio di idee, spunti e riflessioni. Brani che, per lo più, erano stati scritti per i Pearl Jam e poi scartati per lasciare spazio ad altre composizioni. E così, questa “operazione soffitta pulita” compiuta da Ament dà luce a pezzi anche parecchio datati che però – e lo diciamo a malincuore – non convincono del tutto, giustificando ampiamente la scelta dei Pearl Jam di tenerli fuori da pubblicazioni a nome della band. Non che le dieci tracce contenute in Tone siano da buttare via, ma mancano a primo acchito – e poi anche nei successivi ascolti – di quel mordente caratteristico di Ament nelle sue performance dal vivo. Il buon Jeff pesca qua e là nel repertorio di amici e conoscenti più vicini, mettendo insieme un lavoro poco ricercato ed in sintesi poco originale. Ci sono (ovvi) rimandi ai Pearl Jam più adrenalinici (vedi Just Like ThatThe ForestBulldozer, quest’ultimo pezzo più datato della tracklist), con la sostanziale differenza che alla voce c’è Ament e non Vedder. E non è cosa da poco. Mancando, poi, il complesso apparato strumentale dei Pearl Jam, gran parte dei brani (su tutti Doubting Thomasina, in cui fa capolino anche la voce di Dug Pinnick dei King’s X) finiscono col somigliare eccessivamente ad uno strano ibrido fra Bush e Stone Temple Pilots, non a caso gli esponenti minori e più derivativi dell’intero fenomeno grunge. Ma Jeff Ament è pur sempre 1/5 dei Pearl Jam, ed allora il ragno dal buco riusciamo a cavarlo anche questa volta, trovando nel folk di Say Goodbye, in Life Of A Salesman e nella ballata Hi-Line gli episodi per i quali vale la pena schiacciare “play” sul nostro lettore. Altro elemento apprezzabile è il filo conduttore di “Tone”, le cui lyrics – interamente composte da Ament – narrano le vicende di persone trasferitesi dal Montana (luogo natio del bassista) ad una metropoli, con relativi disagi e problematiche. Per tutto ciò, “Tone” è un lavoro che risulta essere interessante per i fan più accaniti dei Pearl Jam, quelli che non si lasciano sfuggire una sola nota partorita dagli strumenti dei cinque, mentre per tutti gli altri non sarà di certo il disco dell’anno.

Curiosità: “Tone”, suonato dal solo Jeff Ament eccezion fatta per la batteria di sette brani affidata all’amico Richard Stuverud, è stato distribuito e stampato in pochissime copie, messe in vendita nel circuito indipendente dei negozi di dischi americani.

(2008, CIMS Stores)

01 Just Like That
02 Give Me A Reason
03 Bulldozer
04 Relapse
05 Say Goodbye
06 The Forest
07 Life Of A Salesman
08 Doubting Thomasina
09 Hi-Line
10 The Only Cloud In The Sky

A cura di Emanuele Brunetto