
Quant’è coinvolgente assistere da spettatori a un percorso, percepire appieno un’evoluzione professionale e al contempo umana. Dà proprio il senso di un trascorrere del tempo fruttuoso, perché anche se gli strascichi lasciati dalla vita sono di quelli negativi ogni piccolo tassello va a comporre un puzzle essenziale. Nel caso di Victoria “Tor” Maries aka Billy Nomates, la recente perdita del padre è stato uno di quei momenti cardine dell’evoluzione di cui sopra, uno di quei momenti in cui ti guardi intorno per capire che direzione prendere, come affrontare il dolore, la perdita, l’assenza, una condizione nuova e definitiva. Tor l’ha fatto gettandosi a capofitto nella musica, condensando il tutto all’interno di Metalhorse, il suo terzo lavoro in studio, una sorta di concept che utilizza la metafora della giostra come metafora della vita, con i suoi alti e i suoi bassi da cui non è possibile scappare.
Il minimalismo cui tendeva Billy Nomates nei primi due dischi, il self titled del 2020 e (già decisamente meno) “CACTI” del 2023, in “Metalhorse” viene ribaltato in favore di soluzioni più rotonde e articolate: quella cavalcata sintetica che è Nothing Worth Winnin (in cui Tor pare avercela col music business) ne è un buon esempio, ma anche la pienezza tipicamente eighites di The Test, l’incedere new wave di Override, l’indiepoppeggiante Dark Horse Friend in cui compare il featuring di Hugh Cornwell, storico frontman degli Stranglers (una collaborazione nata non casualmente, vista la passione del padre di Maries per la band, trasmessa poi alla figlia), Comedic Timing con la sua impostazione dreamy e infine la delicatezza per piano e acustica di Strange Gift, un raggio di luce che apre dolcemente alla speranza proprio sul finale del disco.
“Metalhorse” è un disco evidentemente diverso da “CACTI” per approccio e scrittura, dove al di là delle tematiche e vicende personali che hanno coinvolto Billy Nomates c’è un disegno di band alle spalle e si sente tutto (per la prima volta, infatti, Maries ha lavorato in studio insieme a una vera e propria band piuttosto che da sola come in passato). L’esperienza e il profilo punk di Nomates stanno sempre sullo sfondo, ma è il modo in cui vengono rimescolati e ammorbiditi con i synth, con un’elettronica a tratti più marcata e in altri momenti più cadenzata, a rendere scintillante il disco, con l’ironia tagliente e ficcante del passato che si è trasformata in un sarcasmo agrodolce. Un sarcasmo che viene dalla maturità, da circostanze che per forza di cose vanno a cambiare in maniera sensibile le carte in tavola. Dalla vita.
2025 | Invada
IN BREVE: 3,5/5