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Black Mountain – IV

blackmountainivLa numerazione romana utilizzata come titolo per questo IV basterebbe da sola per dire tanto, quasi tutto, sui Black Mountain: chiari i corsi e ricorsi sixties/seventies, impossibile non tornare con la mente al quarto omonimo capitolo dei Led Zeppelin, giusto per citare il romanismo più famoso della storia del rock. Ma si tratta solo di un espediente grafico, nient’altro che la punta di quell’iceberg enorme che ĆØ il background dei canadesi, fatto da sempre di psichedelia, venature prog e riffoni di scuola Page/Iommi.

Nel quarto capitolo della loro discografia, che giunge a ben sei anni di distanza dal precedente ā€œWilderness Heartā€ (2010), risulta evidente l’intento dei Black Mountain di ripartire dal nucleo stilistico da cui ha preso vita la loro parabola per poi dipanarsi verso territori anche parecchio distanti. Se l’iniziale Mothers Of The Sun suona piuttosto vicina al passato meno recente della band, incontro tra i Pink Floyd più duri e i Black Sabbath più dilatati, ĆØ altrove che vanno cercate le novitĆ  maggiori: Florian Saucer Attack ĆØ un indie rock in salsa new wave in cui la Webber ĆØ la Siouxsie del caso, You Can Dream rispolvera un’elettronica vintage che ĆØ l’aggiunta più corposa fatta al disco, Line Them All Up e Crucify Me giocano nell’accostamento fra synth e arpeggi acustici.

La sola Cemetery Breeding fa da gancio con ā€œWilderness Heartā€, lavoro che aveva levigato e alleggerito il sound della band, mentre (Over And Over) The Chain ĆØ classica psichedelia condita da chitarre heavy. Ma il piatto forte, il vero crack dell’intero ā€œIVā€, arriva proprio alla fine ed ĆØ Space To Bakersfield, oltre nove minuti in cui i Black Mountain danno totalmente fondo alla loro ispirazione con passo lisergico, le voci di Stephen McBean e Amber Webber che si fondono in una sola e quel lungo assolo cosmico che accompagna il pezzo finchĆ© non si spegne come un sole giunto al capolinea dell’esistenza.

Fra divagazioni spacey e sfumature stoner, sensibilitĆ  psych e tratteggi kraut, i Black Mountain sono riusciti a partorire un quarto album da incorniciare in ciascuno dei suoi cinquantasei minuti di durata, attestando ancora una volta la propria carriera come una delle più significative fra quelle che pescano a piene mani nel vasto repertorio a cavallo fra Sessanta e Settanta, dando al tutto un’impronta assolutamente personale.

(2016, Jagjaguwar)

01 Mothers Of The Sun
02 Florian Saucer Attack
03 Defector
04 You Can Dream
05 Constellations
06 Line Them All Up
07 Cemetery Breeding
08 (Over And Over) The Chain
09 Crucify Me
10 Space To Bakersfield

IN BREVE: 4/5

Avvocato mancato, giornalista, programmatore musicale in radio ma soprattutto divoratore compulsivo di musica, presenzialista convinto ai concerti e collezionista incallito di vinili, CD e musicassette. Fondatore e direttore responsabile de Il Cibicida.