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Bloc Party – Alpha Games

I fasti di “Silent Alarm” (2005) sembrano ormai un lontanissimo ricordo per i Bloc Party, pionieri londinesi di tutto quel movimento a cavallo tra indie rock e post punk revival dei primi anni Duemila insieme a Franz Ferdinand, Interpol, The National, Arctic Monkeys e affini, capitanati da Kele Okereke. Liriche abbastanza frivole e sonorità oscillanti tra punk danzereccio ed indietronica con focus su ritmiche veloci e drumming, ad opera di Matt Tong prima dello scioglimento avvenuto nel 2013 e attualmente di Louise Bartle, sono da sempre i loro marchi di fabbrica: inizialmente grandi punti di forza, insieme alle qualità vocali di Kele, senza una dovuta evoluzione sono divenuti delle parziali zavorre con le quali il quartetto è rimasto arenato ad inizio millennio.

In tale ottica non fa eccezione nemmeno Alpha Games, sestafatica del gruppo, che fin dall’opener Day Drinker, tra sferzate di chitarra e cantato rap, e la successiva ed orecchiabile Traps, con il suo intreccio basso-chitarre veloci e i giri di batteria coinvolgenti, mostra tuttavia di avvicinarsi decisamente molto alle origini, tanto da far sembrare i brani in questione delle auto-cover vuote. Sulla stessa linea, ma in direzione pop, vi è anche la breve Callum Is A Snake, che si snoda tra drum loops incalzanti e guitar riff ruffiani. Rallentano i cori del ritornello di You Should Know The Truth, che tra titolo e sonorità tradisce alcune reminiscenze smithsiane non particolarmente azzeccate: mai toccare certi dei se non si hanno le competenze per farlo… O si ritiene che mescolarli al pop punk dei Paramore degli esordi possa essere una genialata.

Più interessante invece l’andamento accentuato di synth, basso e batteria di Rough Justice, il quale colpisce immediatamente al primo ascolto, mostrando una grande affinità con la “Grounds” di “Ultra Mono” (2020) degli Idles, e cede il passo alla seconda parte del disco, dove a farla da padrone è proprio il sintetizzatore, come nella pedante The Girls Are Fighting, tra le melodie di Of Things Yet To Come, in Sex Magik, che paga nel suo titolo e in alcuni dettagli sonori un piccolo tributo “elettronico” al capolavoro del 1991 dei Red Hot Chili Peppers (senza rendergli giustizia come si deve, ovviamente), e nelle skippabili By Any Means Necessary e In Situ.

L’anthem zuccherino If We Get Caught non fa urlare di gioia nemmeno per sbaglio, mentre la chiusura con lo spoken word e il crescendo echeggiante di The Peace Offering, che culmina in una coda in chiave “progressive” a metà tra i Muse di “Absolution” (2003) e “Black Holes And Revelations” (2006) e dettagli post punk che rimandano nuovamente agli Idles e al loro recente “Crawler” (2021), si presenta come un esperimento abbastanza valido. Nuovo tuffo orientato verso le origini rispetto al suo predecessore più sintetico (e coerente) “Hymns” (2016), primo lavoro post-reunion riuscito a metà (o forse meno), “Alpha Games”tenta difar rialzare la testa alla band unendo qualche espediente del passato ad elettronica e nuove influenze, senza però fare centro, peccando eccessivamente di ripetitività in alcuni punti, accostamenti azzardati in altri, e di una non organicità che lascia trasparire la grande indecisione nella direzione da intraprendere da parte di Kele e soci, ancora e ancora e ancora e ancora, come i loro infiniti giri di batteria.

(2022, BMG / Infectious)

01 Day Drinker
02 Traps
03 You Should Know The Truth
04 Callum Is A Snake
05 Rough Justice
06 The Girls Are Fighting
07 Of Things Yet To Come
08 Sex Magik
09 By Any Means Necessary
10 In Situ
11 If We Get Caught
12 The Peace Offering

IN BREVE: 2/5

Studentessa di ingegneria informatica, musicofila, appassionata di arte, letteratura, fotografia e tante altre (davvero troppe) cose. Parla di musica su Il Cibicida e con chiunque incontri sulla sua strada o su un regionale (più o meno) veloce.