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Deathcrash – Return

Per le generazioni musicalmente cresciute con un certo rock oltreoceano anni ’90, l’esordio dei Deathcrash è una manna dal cielo. Un concentrato (mica tanto: siamo oltre l’ora di durata) slowcore e post rock tremendamente fedele ai padri del genere, una macchina del tempo che – quando di certa fattura – non può che essere ben accetta e anzi giustamente tributata. Siamo in quel di Londra, prima di tutto. Niente Louisville, niente Chicago. Eppure, pur al centro – come sempre – pur nel cuore pulsante della nuova musica continentale, non c’è un briciolo di coolness forzata, in questi quattro ragazzi. Le foto che si trovano in giro li vedono in un garage, seduti per le scale, in studio. Molto rigore, nonostante tutto. Sentimento che ben si legge sugli spartiti di Return. Le coordinate, per essere più precisi rispetto a quanto già anticipato, sono comunque quelle che ci si attende dall’introduzione: Codeine, Low, Rodan, June Of 44, Early Day Miners, Slint. Qualcosa – addirittura – dei primi Death Cab For Cutie e dei Mogwai. Se non è roba vostra, fermatevi qua. Contrariamente; beh, contrariamente.

Vi aspettano i quasi quindici minuti iniziali dell’uno-due Sundown/Unwind: accomunati da una struttura in crescendo che nel secondo caso, al contrario del primo, dopo il culmine si abbandona verso territori più rarefatti, sfociando nella splendida Horses – con quel cantato à la Mike Kinsella. Che una prima parte del disco si chiuda con la coda in stile Sunny Day Real Estate di American Metal, lo prova il successivo intermezzo Matt’s Song, dopo il quale il pasillo de honor è tutto per Wrestle With Jimmy: capolavoro al fulmicotone che sembra uscito dal miglior repertorio degli Indian Summer. Insieme alle apocalittiche Was Living e Doomcrash, i pezzi più heavy del lotto. Sarebbe un torto, giunti sin qui, non citare ciò che resta. I dolcissimi intrecci di Metro 1, la triste ballad Slowday, la confessionale What To Do e l’ultima, esilissima The The Low Anthem.

Gennaio 2022 si è appena concluso e abbiamo già due nuove band, Yard Act e Deathcrash, che ci ricordano quanto sia perfida Albione con i paesi vicini. Almeno quando chitarra, basso e batteria si mettono di mezzo. Sono scenari certo non inesplorati, disperazioni già assaggiate e fantasmi coi quali l’amicizia è ormai più che consolidata. Da quant’è che non bussassero, però, non si ha memoria. Alla fine è come cantava Mark Kozelek, “oldness comes with a smile”. Che cosa c’entra, chiedete, nella fattispecie? C’entra che quando si impara dai migliori si è sempre un passo, cento passi avanti agli altri.

(2022, Untitled Recs Limited)

01 Sundown
02 Unwind
03 Horses
04 American Metal
05 Matt’s Song
06 Wrestle With Jimmy
07 Metro 1
08 Slowday
09 Was Living
10 What To Do
11 Doomcrash
12 The Low Anthem

IN BREVE: 4/5