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Editors – Violence

Potrebbe trattarsi di una cocente delusione o di un’illuminante scoperta, tutto dipende dal momento in cui si ascolta uno dei sei album degli Editors. A ogni disco corrisponde una selezione naturale di utenti che spazia da un richiamo in massa per i nostalgici del post punk inglese a un raduno per colonie di springsteeniani geneticamente modificati, a ogni modo apprezzabile.

Con l’uscita di Violence una cosa è certa: chiunque si avvicini adesso al gruppo di Birmingham, senza essere passato da “An End Has A Start” (2007) o “The Weigth Of Your Love” (2013), non vedrà traccia di quel paragone con i Joy Division, verosimilmente portato avanti nei confronti della band fino a poco tempo fa. L’album è stato anticipato dai singoli MagazineHallelujah (So Low) che (al netto degli arrangiamenti barocchi, pericolosamente vicini ai Muse e ai Coldplay), restano i pezzi maggiormente in linea con quell’alternanza tra synth e rock cui gli Editors hanno abituato il pubblico.

Una buona parte delle tracce facevano già parte del patrimonio sonoro del gruppo già molto tempo prima che iniziassero i lavori sull’album, vedi Cold e Hallelujah (So Low), eseguite negli ultimi live precedenti a “Violence”, Magazine, scritta al tempo dell’uscita di Chirstian Urbanovich, No Sound But The Wind, comparsa nella OST di “The Twilight Saga – New Moon”. Complice la presenza di Blanck Mass o magari il costante bisogno di cambiamento, “Violence” è un miscuglio scintillante di alternanze dance synth pop in balia di un’incessante confusione rispetto alla direzione da intraprendere.

Gli Editors si lasciano trasportare in un mood di gran lunga più leggero rispetto al passato, con synth che da new wave diventano inevitabilmente pop, con lyrics che non hanno più quell’impostazione dark in linea con l’angoscia sonora che riuscivano a comunicare con “The Back Room” (2002). La violenza che dà il titolo all’album, così come alla traccia omonima, altro non è se non un gioco di parole che simboleggia la veemenza delle passioni.

Un po’ di tempo fa, Tom Smith ha dichiarato che esistevano due versioni di “Violence”, una grezza solo chitarra acustica e drum machine, realizzata dal gruppo sul modello di “In Dream” (2015), e una seconda rimaneggiata con un groove più elettronico da Blanck Mass. Il sospetto che le manipolazioni finali di Leo Abrahams abbiano compromesso lo stile dark new wave del gruppo di Birmingham è verosimile. La conseguenza è che gli Editors hanno (temporaneamente?) perso quella vena delicatamente deprimente che li faceva apparire come una luce in fondo al tunnel della gioia.

(2018, PIAS)

01 Cold
02 Hallelujah (So Low)
03 Violence
04 Darkness At The Door
05 Nothingness
06 Magazine
07 No Sound But The Wind
08 Counting Spooks
09 Belong

IN BREVE: 2,5/5

Catanese, studi apparentemente molto poco creativi (la Giurisprudenza in realtà dà molto spazio alla fantasia e all'invenzione). Musicopatica per passione, purtroppo non ha ereditato l'eleganza sonora del fratello musicista; in compenso pianifica scelte di vita indossando gli auricolari.