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Editors – EBM

Di una cosa va senza dubbio dato atto agli Editors: non si sono mai adagiati su una formula che andava bene e che, con ogni probabilità, avrebbe continuato ad andare bene ancora a lungo dai loro esordi in poi. Un po’ come successo agli Interpol, giusto per citare una delle formazioni più vicine a Tom Smith e soci (quantomeno in una prima fase), che su certe sonorità e un certo modo di intendere il revivalismo c’hanno fondato una carriera che, tra alti e bassi, li ha resi ciò che sono. Gli Editors no, invece. Il post punk rotondo dei loro primi lavori ha lasciato col tempo spazio a qualcosa di diverso, la band s’è evoluta nel corso degli anni e dei dischi verso territori sempre più sintetici, fino al più recente arrivo nelle loro vite di Blanck Mass, al secolo Benjamin John Power e già metà di quel devastante duo che sono stati i Fuck Buttons. Power aveva prodotto “Violence”, il disco licenziato dagli Editors nel 2018, ed ha poi apposto il proprio nome sulle “The Blanck Mass Sessions” dell’anno seguente, dove ha prestato la sua personalissima cura ad una manciata di brani. L’ultimo passo, decisivo, di questo incontro artistico è arrivato con l’inserimento di Blanck Mass nella band come membro ufficiale. Andava da sé, dunque, attendersi che le redini della produzione targata Editors sarebbero state consegnate nelle sue mani.

E così è stato: EBM, che già dal titolo la dice lunga sulle sue intenzioni, estremizza il sound degli Editors in direzione di un synthpop che, rispetto al più recente passato, è venato in modo ancora più marcato da industrial e dance. In pratica come se il lavoro svolto con i remix del 2019 fosse stato elevato al rango di protagonista principale. I singoli Heart Attack, Karma Club e Vibe, che hanno anticipato il disco, sono l’esempio più pop di questo nuovo percorso degli Editors, ma evidenziano anche il problema più ricorrente dell’intero disco: una certa ripetitività e banalità nell’applicazione delle soluzioni sintetiche, che s’accartocciano ripetutamente su se stesse senza far mai esplodere davvero i brani. Nel tentativo forse di non snaturare troppo il sound degli Editors, Blanck Mass sembra qui non rischiare mai, non azzardando nessuno di quegli strappi elettronici per i quali l’avevamo conosciuto e apprezzato, ottenendo come effetto una sensazione di soffocamento in brani come Straberry Lemonade o Strange Intimacy (come dicevamo sempre a un passo dall’aprirsi, ma non succede mai). A spiccare è invece il perno centrale del disco, la cinematica Silence, in cui il tappeto elettronico di Power fa il suo sporco lavoro e Smith presta una delle sue migliori interpretazioni di scuola new wave.

Giunti al settimo album, con un best of (“Black Gold” del 2019) che ha in qualche modo chiuso la prima parte della loro discografia/carriera e con un nuovo membro in formazione, era legittimo da parte degli Editors provare a rinfrescarsi, virando verso strade meno battute e sfruttando il significativo apporto e l’esperienza di Power. Ma da una band come la loro, che materiale di valore ne ha saputo tirare fuori parecchio sparso qua e là fra i vari lavori, e da un produttore così caratterizzante come Blanck Mass, di cui tutto può dirsi tranne che non sappia mettere mano alle macchine, era legittimo anche da parte nostra aspettarci qualcosa di un tantino più soddisfacente in termini di varietà e approccio. Così non è stato, quindi “EBM” resta un po’ in quel limbo in cui stagnano gli album di passaggio, piacevole ma non troppo, ispirato ma non troppo, impattante ma non troppo… non troppo, ecco, non troppo.

(2022, PIAS)

01 Heart Attack
02 Picturesque
03 Karma Climb
04 Kiss
05 Silence
06 Strawberry Lemonade
07 Vibe
08 Educate
09 Strange Intimacy

IN BREVE: 3/5