Home RECENSIONI Folk Bitch Trio – Now Would Be A Good Time

Folk Bitch Trio – Now Would Be A Good Time

Leggi la loro ragione sociale, Folk Bitch Trio, e t’aspetti un bel po’ di arrembanti progressioni acustiche. Le vedi su copertine e homepage delle riviste che contano, già ben prima dell’uscita del loro disco d’esordio, e pensi che stia per arrivare − anzi, che forse è già qui − il nuovo fenomeno di cui si sentirà parlare per chissà quanto tempo. Poi esce l’album e la realtà di Not Would Be A Good Time è ben diversa rispetto a quella che si era immaginata lasciandosi prendere dall’hype, una realtà che ridimensiona il progetto e lo riporta su binari più consoni a quella che è la proposta di Grace Sinclair, Jeanie Pilkington e Heide Peverelle, che col folk avrebbe ben poco a che vedere se non fosse per l’utilizzo quasi esclusivo della chitarra acustica all’interno delle dieci tracce che compongono l’album.

Le tre australiane hanno messo in piedi quaranta minuti scarsi di un folk cameristico, dimesso per concezione ma anche nella sua realizzazione, che rallenta i ritmi all’inverosimile e punta tutto sull’incastro delle voci e dei controcanti di Sinclair, Pilkington e Poverelle, in questo sì davvero brave nel non disturbarsi mai nelle loro sovrapposizioni in cui si scambiano di volta in volta le parti. A mancare in “Not Would Be A Good Time” è la dinamica, elemento fondamentale per un genere che per sua natura non vive di particolari e sorprendenti variazioni sul tema. Fin dall’iniziale God’s A Different Sword e proseguendo poi per il resto della tracklist, si sta lì a sentire le Folk Bitch Trio raccontarci di relazioni finite male e più in generale di rapporti umani, senza che cambi mai di una virgola l’interpretazione delle tre. L’effetto, va da sé, è che la storia narrata sembri costantemente la stessa.

Il minimalismo del disco è per certi versi un bene, perché fa concentrare l’ascolto sulle voci delle Folk Bitch Trio, ma per il resto affossa l’album in una ripetitività che non è quella bucolica delle First Aid Kit, né quella arty di Faye Webster, né quella dal sapore vintage di Jessica Pratt. È ripetitività fine a se stessa, perché sembrano mancare gli spunti degni di nota, quei guizzi che fanno la differenza, riscontrabili in questo debutto solo in parte in due brani come Cathode Ray e Sarah, che provano a smuovere un po’ le acque di un album altrimenti impassibile nelle sue posizioni.

L’effetto è un po’ soporifero, perché è vero che “Not Would Be A Good Time” s’incastra in un filone che negli ultimi anni ha già visto − sebbene con tutti i distinguo del caso − gente come Adrianne Lenker (tanto con i Big Thief che in solitario), Sharon Van Etten, Angel Olsen o Phoebe Bridgers (e ci mettiamo dentro anche le sue Boygenius) dargli il lustro che merita a suon di disconi, ma è vero anche che, piacciano o meno le artiste appena citate, lo spessore delle loro composizioni appare di tutt’altro livello e poggiato su tutt’altra ispirazione, soprattutto lirica oltre che musicale. Di strada da fare le Folk Bitch Trio ne hanno molta, il punto di partenza è un po’ traballante e avrebbe senza dubbio bisogno di essere puntellato.

2025 | Jagjaguwar

IN BREVE: 2,5/5