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Hatchie – Keepsake

Quando le aspettative non vengono tradite. Era il 2018 e Hatchie, al secolo Harriette Pilbeam, classe 1993, pubblicava l’EP “Sugar & Spice”, autoproiettandosi nel cosmo delle nuove wannabe-popstars con nobili rimandi a ciò che di meglio hanno dato gli anni ’80 sulla sponda dream pop/shoegaze. Era, dicevamo, appena un anno fa: e adesso la dose è bella che rincarata.

Col suo primo full lenght, Keepsake, la giovanissima cantautrice australiana vince il torneo di freccette dell’hype indovinando tutte le mosse possibili. Dando alle stampe, cioè, dieci brani inediti – senza attingere ai facili e vicinissimi fasti – e virando già il suono su traiettorie più malinconiche, rarefatte, riverberate – senza violare la sua natura indubbiamente commerciale. C’è una sapienza invidiabile nella composizione dei brani, quel raro estro che li rende cioè immediatamente assimilabili eppure complessi, valevoli di più e più ascolti non soltanto in virtù del loro essere accattivanti.

Il singolo Obsessed rappresenta probabilmente il momento migliore dei primi venti minuti, Unwanted Guest e Kiss The Stars rivendicano vaghe parentele con i gloriosi My Bloody Valentine, Stay With Me fa un’incursione nella discografia dei New Order mentre Keep è un sipario perfetto che sposa insieme Cure e Beach House.

È vero – come d’altronde era evidente già prima di questa prova – che Harriette non sconvolge per originalità e unicità di visione. Ma è vero anche che fa un uso eccellente di ciò che ha imparato. In un’epoca in cui tutti vestono i panni dei maestri ed è scomodissimo passare per allievi, Hatchie ha raccolto la più importante delle lezioni: mai vergognarsi di rubare a chi ha fatto meglio di te, purché il furto non sia dovuto all’assenza di talento. Ma non è questo, certamente, il caso.

(2019, Heavenly)

01 Not That Kind
02 Without A Blush
03 Her Own Heart
04 Obsessed
05 Unwanted Guest
06 Secret
07 Kiss The Stars
08 Stay With Me
09 When I Get Out
10 Keep

IN BREVE: 3,5/5