Home RECENSIONI Inhaler – It Won’t Always Be Like This

Inhaler – It Won’t Always Be Like This

Non è sempre detto che la vita da “figlio della rockstar di turno” sia facile, ma in qualche caso l’esperienza di un genitore può essere d’aiuto. Ne è un esempio Elijah Hewson, figlio di Bono Vox, che insieme ai suoi Inhaler si è già tolto parecchie soddisfazioni: il debut della band irlandese It Won’t Always Be Like This è già da record, essendo risultato il disco d’esordio in vinile più venduto di questo secolo. Ad un primo (e forse anche ad un secondo) ascolto superficiale a molti può sfuggire il nesso di tale enorme successo commerciale, per capirne di più urge la necessità di un approfondimento.

Ciò che salta subito all’occhio sono le scelte azzeccate nel sound, un pop rock venato di new wave e post punk à la U2 (nemmeno a dirlo) rielaborato in chiave più fresca e moderna, oltre alla bravura e all’affinità tra i componenti del gruppo, completato da Robert Keating, Josh Jenkinson e Ryan McMahon, e alle mani magiche alla produzione, quelle del polistrumentista e compositore Antony Genn, ex Pulp, Elastica, Mescaleros, e uomo dietro le quinte di gran bei lavori come l’emblema britpop “Different Class” (1995).

Non c’è esagerazione in anthem come la lettera d’affetto ai fan Cheer Up Baby o la dinamica When It Breaks, i cui riff di chitarra fungono da cornice alle liriche più “politiche” del disco, partorite nel momento di massima crisi dopo l’esplosione della pandemia: tutto appare armonico e perfettamente calibrato, e il quartetto si muove lungo un percorso sempre entro i limiti della propria comfort zone, senza arrivare ad osare veramente come l’ascoltatore si aspetterebbe.

Tale territorio include influenze synth ballerine tipiche degli anni Ottanta riscontrabili, oltre che nei pezzi citati in precedenza, nella title track It Won’t Always Be Like This, nei toni più alti dell’energica e incredibilmente Killers-friendly My Honest Face e nel sogno ad occhi aperti Slide Out The Window. A Night On The Floor avvicina maggiormente il quartetto a Blossoms e Arctic Monkeys (altri ex enfants prodiges in aria di nuovo materiale), mentre My King Will Be Kind rassicura con degli accomodanti riff pop nineties.

Le vibes sintetiche degli eighties ritornano nei diversi paesaggi sonori che si palesano uno dopo l’altro in Who’s Your Money On? (Plastic House), seguite da quelle un po’ più funkeggianti di Totally. L’intermezzo ambient Strange Time To Be Alive spalanca le porte al finale elevato e ben congegnato di In My Sleep, uno dei brani più interessanti dell’album, il quale sembra nascondere, tra le tante influenze, un parziale omaggio agli Smiths, sia dal punto di vista del sound sia testuale.

Le sonorità di “It Won’t Always Be Like This” sono decisamente accattivanti e l’importanza di una buona produzione (insieme ad un bagaglio colmo di validi consigli) si sente eccome, ma, senza farsi prendere da un eccessivo entusiasmo, c’è da aggiungere che per capire se si sia trattato di un colpo di fortuna come tanti o se potrà essere considerato l’inizio di una carriera molto promettente, bisognerà attendere e vedere cosa riserverà il futuro a questo quartetto di belle speranze, soprattutto di fronte all’eventuale (e auspicabile) scelta di intraprendere una direzione più personale e incisiva.

(2021, Polydor)

01 It Won’t Always Be Like This
02 My Honest Face
03 Slide Out The Window
04 Cheer Up Baby
05 A Night On The Floor
06 My King Will Be Kind
07 When It Breaks
08 Who’s Your Money On? (Plastic House)
09 Totally
10 Strange Time To Be Alive
11 In My Sleep

IN BREVE: 3/5

Studentessa di ingegneria informatica, musicofila, appassionata di arte, letteratura, fotografia e tante altre (davvero troppe) cose. Parla di musica su Il Cibicida e con chiunque incontri sulla sua strada o su un regionale (più o meno) veloce.