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Kelly Lee Owens – LP.8

Nella bellezza di “Inner Song”, il suo secondo lavoro in studio datato 2020, Kelly Lee Owens aveva inserito due passaggi fondamentali per comprenderne la visione artistica: il primo era in apertura di disco la sua reinterpretazione della “Weird Fishes/Arpeggi” dei Radiohead; la seconda, invece, la strepitosa collaborazione con John Cale in “Corner Of My Sky”, piazzata più avanti nella tracklist. Un significativo ponte, neanche troppo immaginario, tra il passato e il presente della sperimentazione, dell’avanguardia, di un certo modo non convenzionale di intendere la musica.

A dirla tutta, era piuttosto preventivabile il bivio davanti al quale si sarebbe trovata Owens già all’indomani di “Inner Song”: avrebbe potuto proseguire sulla scia della “poppizzazione”, perseguendo ancora di più una vera e propria forma canzone, quella che a tratti aveva iniziato a mettere nel mirino nel disco del 2020; oppure avrebbe potuto estremizzarsi ulteriormente, dando definitivo e libero sfogo alle sue già evidenti propensioni avanguardiste. La scelta è ricaduta sulla seconda delle opzioni, e così LP.8 altro non è se non Owens che spicca il volo in un cielo plumbeo costellato da nubi di un gas sconosciuto.

I beat martellanti di Release, con l’ossessivo ripetere il titolo da parte di Owens, rendono chiaro il concetto dietro “LP.8”: destrutturare il più possibile ciò che di familiare c’era in “Inner Song”, rendendo irriconoscibile ogni passato tentativo di rispettare canoni e forme (qui la sola One, quasi in chiusura, mantiene quelle traiettorie). Tutto tende alla rarefazione in “LP.8”, lo fa l’etereo canto di Owens nelle centrali S.O (2) e Olga, ma lo fanno anche lo spoken robotico e deumanizzato di Quickening e persino il più classico piano di Nana Piano. Il perno, il polmone del disco è pero Anadlu, otto minuti di cassa che col suo rimbombo accompagna l’inspirazione/espirazione di Owens, un vero e proprio ritmo cardiaco.

Alla fine dei conti, così, ci ritroviamo di fronte a un lavoro molto ambizioso e sicuramente cruciale per la carriera e la discografia della producer gallese, che ha scelto di imboccare la strada più impervia tra quelle che aveva a disposizione. Perché, una volta messe da parte (definitivamente?) le venature pop, ciò che resta in “LP.8” è una ambient/minimal davvero atmosferica ma anche complessa che, per competere nel suo segmento di riferimento, necessiterebbe ancora di qualche altro step evolutivo.

(2022, Smalltown Supersound)

01 Release
02 Voice
03 Anadlu
04 S.O (2)
05 Olga
06 Nana Piano
07 Quickening
08 One
09 Sonic 8

IN BREVE: 3/5