Home RECENSIONI Liars – Sisterworld

Liars – Sisterworld

New York, Berlino, Los Angeles, i Liars non sanno stare fermi. Ogni disco è contatto con il luogo in cui è registrato, con l’ambiente. Perché la musica non è impermeabile agli spazi che, invece, sono materia da masticare con veemenza e di cui sputarne fuori le lische più taglienti. Il periodo berlinese ad esempio, aveva mostrato i Liars più massicci: fumi neri, elettroniche teutoniche, cenacolo di percussioni (era il periodo di “Drum’s Not Dead”). Angus Andrew e compagni, quella fase, l’hanno attraversata rimanendone segnati nel profondo, come passare da un rovo di spine. Oggi i Bugiardi si sono spostati a Los Angeles. Il disco che ne è uscito è Sisterworld e segna i quasi dieci anni di carriera della band newyorkese. Perché L.A.? Cosa interessa ai Liars della Città degli Angeli? Certamente non gli spazi pieni, quelli, cioè, di cui la città è stracolma. Quelli che, dall’alto, paiono formicai in continuo movimento. No, invece, è lo spazio vuoto quello che attrae i Liars. Lo dice Angus: ”ciò che ci interessa sono gli spazi alternativi che le persone creano per preservare un’identità in una città come Los Angeles. Ambienti dove i reietti e i solitari celebrano una difficile relazione con la società”. Dunque la solitudine, il vuoto, la disperazione che sono, neanche troppo allegoria, di un pezzo come Scissor e del video che lo accompagna: i Liars naufraghi in un’isola deserta. La madre terra che si ribella e gli scaglia addosso la sua violenza. Ma parliamo di musica. L’elemento che balza all’orecchio è il cantato più “nitido” di Andrew. I chili d’effetto o le bordate d’elettronica rimangono giù, ed è così che lui diventa il vero protagonista di pezzi come DripI Still Can See An Outside World,Goodnight EverythingHere Comes All The People. Pezzi che sembrano voler dire: Reznor s’è preso una pausa, allora lo rimpiazziamo noi (da apprezzare il pianoforte lancinante dell’ultimo brano citato ed in generale il cuore che dall’impianto industrial riesce comunque a germogliare). Nel pentolone Liars c’è una colata di grigiume che gonfia nello stomaco. E ci sono le chitarre più massicce della loro carriera. In The Overachievers c’è anche un approccio grunge alla maniera di Cobain (sembra un omaggio a “Very Ape” di In Utero). Il risultato è un sublime sprofondare nello sconforto. Un incubo realissimo? Una realtà troppo brutta per esser vera? Spazi vuoti. Spazi pieni. Los Angeles come paradigma dell’esistenza dell’uomo. Un’esistenza ora ben ancorata all’asfalto, ora lontana, via, in sogno, in una bugia. Liars.

(2010, Mute)

01 Scissor
02 No Barrier Fun
03 Here Comes All the People
04 Drip
05 Scarecrows On A Killer Slant
06 I Still Can See An Outside World
07 Proud Evolution
08 Drop Dead
09 The Overachievers
10 Goodnight Everything
11 Too Much, Too Much

A cura di Riccardo Marra