L’avvio di carriera di Lisa Hannigan non è stato quello di una predestinata, uno di quelli con l’esordio fulminante che ti lancia in orbita rischiando di farti precipitare rovinosamente, uno da tutto e subito. La sua è stata finora una carriera in crescendo, sudata, fatta di gavetta e di una continua maturazione che l’ha portata oggi a questo At Swim, il suo terzo lavoro.
Lontani i tempi del supporto a Damien Rice, lontani anche quelli dei due dischi precedenti, fatti di quel folk dal sapore bucolico, intriso di rugiada, che la songwriter irlandese prendeva in prestito direttamente dalla tradizione della sua terra d’origine. La Hannigan di “At Swim” arriva a questo disco a ben cinque anni da “Passenger”, cinque anni che ne hanno mutato sensibilmente l’approccio cantautorale, complice la produzione di Aaron Dressner dei The National che ne ha saputo cogliere appieno il lato più scuro.
Così “At Swim” è venuto fuori molto meno umorale dei suoi predecessori, meno ricco di cambi di ritmo e di mood e più orientato su ambientazioni dimesse che fanno emergere la sensibilità della Hannigan. Gli arrangiamenti ovattati suggeriti da Dressner (prendere a esempio il singolo Prayer For The Dying o la conclusiva Barton) tracciano il percorso di un album che punta tutto sull’espressività vocale e su un minimalismo davvero toccante, e anche quando il sound si fa più corposo (vedi la ritmica leggermente più presente di Lo e Tender) la tristezza di fondo pare davvero impossibile da superare.
Delicati tessuti elettronici (Undertow), archi (Snow) e un pianoforte sempre presente completano il quadro di un lavoro meno immediato rispetto al passato, un album dove la Hannigan ha messo da parte tanta della dolcezza e tanto del romanticismo che l’avevano contraddistinta, evidenziando invece una personalità che si è dimostrata fornita di spigoli oltre che di rotondità.
(2016, Hoop / PIAS)
01 Fall
02 Prayer For The Dying
03 Snow
04 Lo
05 Undertow
06 Ora
07 We, The Drowned
08 Anahorish
09 Tender
10 Funeral Suit
11 Barton
IN BREVE: 3,5/5