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Mazzy Star – Seasons Of Your Day

seasonsofyourdayUn bel po’ di anni fa Manuel Agnelli coniò per i suoi Afterhours una frase che – modificata a seconda delle occasioni – è divenuta un po’ il mantra di ogni generazione: Non si esce vivi dagli anni ‘80. Ecco, nel nostro caso specifico, parlando dei Mazzy Star e del loro ritorno discografico, sostituiamo i ’90 agli ’80 ed il gioco è fatto, riusciamo a rendere bene un concetto altrimenti difficile da enunciare.

Perché come puoi spiegare cos’hanno significato certe sonorità – in un periodo in cui imperava il grunge – a chi magari quell’epoca non l’ha vissuta? E questo 2013 è stato un anno di ricomparse illustri, rimanendo in tema di nineties. Non fosse altro che per i My Bloody Valentine, formazione legata sotto più punti di vista proprio ai Mazzy Star. Seasons Of Your Day arriva a diciassette anni da “Among My Swan”, ultimo tassello di uno dei progetti più meritevoli (e spesso anche più sottovalutati) dell’intera decade. Diciassette anni di giacenza ma non di silenzio da parte di Hope Sandoval e David Roback che, al contrario di altri reduci, non hanno fatto perdere le proprie tracce impegnandosi in altri affari discografici.

Così come accaduto per i MBV, anche per il duo californiano le lancette dell’orologio sembrano essersi fermate giusto un attimo prima della decisione di mettere in naftalina la band. “Seasons Of Your Day” fa ancora leva sugli elementi portanti del sound dei Mazzy Star: gli scarni intrecci chitarristici di Roback e la voce fuori dal tempo della Sandoval. Gli elementi sono indiscutibilmente quelli, sì, ma qualcosa nell’approccio è cambiata in questi diciassette anni impiegati per la stesura delle canzoni: a voler sintetizzare potremmo dire che i Mazzy Star sono adesso meno dreamy e più bluesy.

Gioco di parole? Può darsi, ma basta iniziare dalla fine, dall’ascolto delle conclusive Spoon e Flying Low (ma anche di Does Someone Have Your Baby Now?) per rendersi conto di cosa parliamo: la chitarra slide di Roback e il suo fingerpicking decisamente folkeggiante (coadiuvato in ciò dal compianto Bert Jansch nel primo dei pezzi citati) danno a queste due lunghe composizioni un tocco blues che si sposa alla perfezione con l’atmosfera pur sempre trasognata dei brani. In pratica tutto il campionario di casa Mazzy Star, comprese le venature psichedeliche che attraversano ogni singolo pezzo della loro produzione.

L’organo dell’opener In The Kingdom dà subito la giusta aura di “sacralità” al ritorno della band; il singolo California ha l’approccio più slowcore dell’album; I’ve Gotta Stop è una meravigliosa ballad impreziosita da una sei corde dall’afflato sixties; l’armonica di Common Burn ha un tocco southern che calza a pennello con le dinamiche complessive dell’album; la title track, Lay Myself Down e Sparrow, infine, sono il punto d’incontro col dream pop acustico marchio di fabbrica dei Mazzy Star di “So Tonight That I Might See”.

Menzione a parte per la performance vocale di Hope Sandoval, immersa in un’atmosfera rarefatta che sembra aver bloccato sul nascere qualsiasi possibilità d’invecchiamento. Eterea quando serve, forte, sofferta e meravigliosamente intonata, rimane lei quel qualcosa in più che fa la differenza nella musica dei Mazzy Star.

“Seasons Of Your Day” non è quel significativo passo avanti che sarebbe lecito attendersi da un ritorno sulle scene dopo tanti anni e dalla maturazione umana/artistica dei suoi protagonisti, non ha al suo interno hit radiofoniche ed universali come quella gemma che fu “Fade Into You” ma è una di quelle uscite che fanno bene ed emozionano, in cui crogiolarsi lasciandosi cullare nei momenti di fragilità. Ancora adesso, come negli anni ’90, nulla è cambiato e non ne usciremo così facilmente.

(2013, Rhymes Of An Hour)

01 In The Kingdom
02 California
03 I’ve Gotta Stop
04 Does Someone Have Your Baby Now?
05 Common Burn
06 Seasons Of Your Day
07 Lay Myself Down
08 Sparrow
09 Spoon
10 Flying Low

IN BREVE: 3,5/5