Home RECENSIONI Norah Jones – Pick Me Up Off The Floor

Norah Jones – Pick Me Up Off The Floor

Chi per pura e semplice curiosità o per mera deformazione maniacale abbia l’abitudine di controllare la tracklist degli album su Discogs avrà notato che ogni singola traccia di Pick Me Up Off The Floor, ottavo album di Norah Jones, è stata eseguita da tante formazioni diverse quanto sono le tracce che compongono il disco. Tanto si è detto sul making of di quest’album, il comunicato stampa della Blue Note in questo è croce e delizia per chi abbia voglia di mettere nero su bianco qualcosa: esaustivo anche per i peggiori maniaci del dettaglio ma, di contro, non adatto ai curiosi.

Poco male, Norah Jones è un’artista estremamente evocativa e questo suo ultimo lavoro offre all’ascoltatore la possibilità di immergersi dentro uno spazio transizionale, ammantato di melodie oblique e battiti in tempo dispari, a metà tra una fantasticheria e la realtà esterna, lasciando intatto ciò che le riesce meglio: esplorare il jazz, il blues, il gospel, country con una consolidata padronanza delle sue attitudini musicali e di uno stile ben plasmato. Le tracce che compongono il disco altro non sono che “scarti” del precedente “Begin Again” (2019) e, con quest’ultimo, “Pick Me Up Off The Floor” condivide anche lo spirito casuale e improvvisato.

Il cambio improvviso nella metodologia di lavoro di Norah Jones, passata da tempi di scrittura lunghissimi e incisioni interminabili a sessioni improvvisate, con uno switch costante nella formazione, inizia nel 2016, concluso il tour di “Day Breaks”: una scrittura libera da condizionamenti adulti, aiutata anche da due gravidanze, ha dato vita a una serie di singoli che la Blue Note ha riunito in “Begin Again” del 2019. Le sessioni che hanno prodotto le sette tracce di “Begin Again” hanno lasciato fuori altrettanta qualità di materiale che la Jones ha deciso di riunire qui, solo dopo averle ascoltate, senza alcuna finalità discografica e per puro piacere personale tanto da poter affermare che quest’album potesse essere più coerente di un disco destinato a nascere tale.

Norah Jones lo ha rimarcato più volte, d’altronde: “Pick Me Up Off The Floor” non è una raccolta casuale di take venute fuori particolarmente bene, ha una sua coerenza più stilistica che tematica: se “Begin Again” aveva più momenti crescenti o arrangiamenti insoliti per lo stile dell’artista (pensiamo a “My Heart Is Full” o “Uh Oh”), “Pick Me Up Off The Floor” si muove su un territorio marcatamente più classico. Uno degli aspetti più intriganti del disco è la costante iridescenza della sezione ritmica, affidata a contrabbassisti, bassisti e batteristi totalmente differenti tra loro: Christopher Thomas, John Patitucci, Jesse Murphy, Josh Lattanzi, Mauro Refosco, Brian Blade, Nate Smith, Dan Rieser, Josh Adams.

Basso elettrico e contrabbasso elettro-acustico sono una costante in tutte le tracce eccetto che in apertura e in chiusura, How I Weep e Heaven Above, melodie intime, riflessive e informali, giocosa la prima, laconica la seconda, in linea con lo stile di Jeff Tweedy. Brian Blade, già al fianco della Jones in “Day Breaks”, è molto più che un semplice accompagnamento, artefice di una gamma accattivante di umori e vibrazioni in più della metà dei pezzi, dal blues di Flame Twin, al funk soul di Hurts To Be Alone, al quasi valzer di Heartbroken, Day After, al groove accattivante di Say No More, al country di This Life. Il “marchio” Tweedy, che su I’m Alive fa l’en pleindi presenze (Jeff alla chitarra acustica, elettrica, basso e il figlio Spencer alla batteria) dà a entrambe le tracce collaborative (Heaven Above e I’m Alive, appunto) un tocco graffiante e ironico con il massimo della pulizia sonora.

“Pick Me Up Off The Floor” ha un carattere selvaggio e senza pretese ma finemente modellato, all’altezza di un successo che quasi mai ha fatto storcere il naso, tolti un paio di incidenti di percorso, come l’agghiacciante accoppiata con Billy Joe Armstrong. É chiaro ormai come Norah Jones sia riuscita a compiere un miracolo moderno: rompere il fil di ferro che poteva tenerla stretta a vita con la carriera del padre Ravi Shankar, legando il suo nome quasi unicamente alla qualità delle sue performance e uscite discografiche. Operazione complicatissima quanto utile a esercitare ad libitum il diritto a fare tutto ciò che le passa per la testa e, guarda un po’, riuscire anche a farlo bene. 

(2020, Blue Note)

01 How I Weep
02 Flame Twin
03 Hurts To Be Alone
04 Heartbroken, Day After
05 Say No More
06 This Life
07 To Live
08 I’m Alive
09 Were You Watching?
10 Stumble On My Way
11 Heaven Above

IN BREVE: 4/5

Catanese, studi apparentemente molto poco creativi (la Giurisprudenza in realtà dà molto spazio alla fantasia e all'invenzione). Musicopatica per passione, purtroppo non ha ereditato l'eleganza sonora del fratello musicista; in compenso pianifica scelte di vita indossando gli auricolari.