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of Montreal – UR FUN

Vi capita mai di ragionare sul fatto di sentirvi annoiati da tutto, dalla staticità delle conversazioni, delle relazioni in generale, della musica in particolare? A proposito di questa monotonia dilagante, quanto può risultare reale la bipartizione tra i festaioli incalliti e i sobri emotivi che mai e poi mai si imbarcherebbero sulla dancefloor, a meno di avere un bel groove che li trascini via senza tante spiegazioni? Da cosa dipende, dalla qualità scadente di quanto dovrebbe far esaltare o dalle eccessive reticenze che hanno colori ai quali far festa sempre e comunque non piace?

La soluzione sta in una combinazione tra entrambi i fattori ed è quello stesso 50% che non riesce a far funzionare appieno UR FUN, ultima uscita discografica a nome of Montreal ma opera, di fatto, del solo Kevin Barnes. Successore di “White Is Relic/Irrealis Mood” del 2016, “UR FUN” scandisce allegoricamente la seconda fase della relazione tra Kevin Barnes e Christina Schneider. L’approccio lirico di Barnes è sempre molto interessante, con cronache di masquerade vampiresche (la Carmilla dell’omonima traccia è il personaggio inventato da Jospeh Sheridan Le Fanu che ispirò le future generazioni di vampiri) e riflessioni che vanno dalla politica alla disabilità psichica (non è semplice scorgere riferimenti a “Hour Of The Wolf” di Ingmar Bergman in Don’t let Me Die In America, alla novella “The Bell Jar” di Sylvia Plath).

Ma è pur lecito precisare che, nonostante “UR FUN” equivalga semanticamente a “divertimento primitivo” sul piano fattuale, sembra tutto instabile, probabilmente a causa dell’assenza di transizione tra una traccia e l’altra. Le meccaniche di questa gioia primordiale, tanto agognata dal titolo e promessa da Barnes, stentano a partire: non esiste traccia di follia, sudore, eccitazione e persino il movimento dopo il trittico Peace To All Freaks / Polyaneurism / Get God’s Attention By Being An Atheist si fa piatto. Dalla lettura del comunicato stampa sembra che arrangiamenti e suoni siano da riferire maggiormente a Janet Jackson (“Control”) e Cindy Lauper (“She’s So Usual”), ma a primo acchito si scorge un tentativo un po’ goffo di ricalcare il periodo dei Cure di “The Head On The Door” o gli Electric Light Orchestra di “Discovery”.

E se è pur vero come Barnes sia sempre stato un maestro nel travestimento e nelle provocazioni e la resa dal vivo di “UR FUN” probabilmente sarà più godibile, il chiaro sentore di Lambada esattamente a metà di Gipsy That Remain resta comunque il particolare più agghiacciante del disco. In sintesi, ci dispiace per i mondani moderati, ma anche oggi si balla domani.

(2020, Polyvinyl)

01 Peace To All Freaks
02 Polyaneurism
03 Get God’s Attention By Being An Atheist
04 Gypsy That Remains (feat. Locate S,1)
05 You’ve Had Me Everywhere
06 Carmillas Of Love
07 Don’t Let Me Die In America
08 St. Sebastian
09 Deliberate Self-harm Ha Ha
10 20th Century Schizofriendic Revengoid-man

IN BREVE: 1,5/5

Catanese, studi apparentemente molto poco creativi (la Giurisprudenza in realtà dà molto spazio alla fantasia e all'invenzione). Musicopatica per passione, purtroppo non ha ereditato l'eleganza sonora del fratello musicista; in compenso pianifica scelte di vita indossando gli auricolari.