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Pixies – Doggerel

Tra alti e bassi, tira e molla, i Pixies hanno resistito in modo stoico all’inesorabile trascorrere del tempo, qualcosa di piĆ¹ unico che raro per una indie band della prima ora come loro. I lavori post reunion non hanno certamente fatto gridare al miracolo, ma hanno dignitosamente tenuto in piedi la creatura di Black Francis, regalando quantomeno una manciata di pezzi dall’indubbia ispirazione e giustificando ampiamente tour sempre molto, molto partecipati e apprezzati. Difficile competere con il passato, ma in fondo non ĆØ quello che si puĆ² chiedere a qualsivoglia band, figuriamoci a una formazione cosƬ seminale e temporalmente connotata come i Pixies.

Se l’ultimo “Beneath The Eyrie” (2020) tendeva la mano ad atmosfere blueseggiate, a tratti western (non accantonate, visto l’assaggio che ne dĆ  il nuovo album in brani come Vault Of Heaven o Whoā€™s More Sorry Now?), per una sorta di folk atmosferico da incipiente maturitĆ , Doggerel prova invece ad agganciarsi alla piĆ¹ classica produzione targata Pixies, in modo ruffiano ma anche riuscito, soprattutto in alcuni passaggi del disco. ƈ il caso dell’attacco affidato a Nomatterday, che non fa proprio nulla per nascondere un giro di basso figlio piĆ¹ che legittimo di “Bone Machine” e “Gouge Away”. La stessa persistente sensazione dĆ©jĆ  vu la si ha per praticamente l’intera tracklist, visto che lo svolgimento di pezzi come Get Simulated o il singolo There’s A Moon On tira in ballo quelle strutture che hanno fatto grandi i Pixies in album epocali come “Surfer Rosa” (1988) e “Doolittle” (1989), lasciando ben poco spazio all’immaginazione su cosa possa accadere durante la loro riproduzione.

Black Francis si ritrova qui a provare nuovamente tiratissime sortite vocali (come in Dregs Of The Wine), il che ĆØ assolutamente un bene perchĆ© ce lo presenta in una forma davvero smagliante (ma ne avevamo giĆ  avuto prova durante le piĆ¹ recenti date estive italiane); Joey Santiago, da sempre l’artefice primo del sound dei Pixies, rispetta brillantemente il mandato con un paio di riffoni rispolverati per l’occasione da chissĆ  quale archivio (vedi Youā€™re Such A Sadducee); Paz Lenchantin si conferma ancora una volta la miglior scelta possibile tra quelle a disposizione della band per il ruolo di bassista, con il suo groove e il puntuale supporto a Francis negli incastri vocali; mentre alla batteria di David Lovering non manca mai il giusto equilibrio fra costanza ed eclettismo. In sostanza ognuno all’interno della band fa abilmente il suo, senza sorprese ma anche senza pericolosi scivoloni, facendo cosƬ di “Doggerel” l’apprezzabile quarto capitolo di un’importante seconda vita artistica.

(2022, BMG)

01 Nomatterday
02 Vault Of Heaven
03 Dregs Of The Wine
04 Haunted House
05 Get Simulated
06 The Lord Has Come Back Today
07 Thunder & Lightning
08 Thereā€™s A Moon On
09 Pagan Man
10 Whoā€™s More Sorry Now?
11 Youā€™re Such A Sadducee
12 Doggerel

IN BREVE: 3/5