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PUP – Who Will Look After The Dogs?

C’è sempre stato un qualcosa di molto personale nei brani dei canadesi PUP. Merito soprattutto dei testi di Stefan Babcock, che è bravissimo a cavalcare la sua onda più intimista, quella che lo ha portato a parlare di se stesso e delle sue problematiche in un modo così aperto da rendere il tutto quasi una sorta di seduta psicanalitica collettiva, quindi con larga immedesimazione da parte dell’ascoltatore. Merito anche della musica proposta dalla band che, pur traendo evidentemente ispirazione dal punk e dell’hardcore, non di rado ha saputo lanciarsi in derive più pop e leggere che aiutano in qualche modo l’assimilazione delle parole di Babcock, smussandone le asperità che potrebbero ferire.

Who Will Look After The Dogs? continua sulla stessa falsariga dei quattro precedenti lavori in studio della band (sì, sembrano sempre dei giovincelli alle prime armi ma siamo arrivati al loro quinto disco), inanellando una sequenza di dodici tracce che provano a sottolineare maggiormente, se possibile, l’aspetto melodico e comunicativo dei PUP, a scapito dell’irruenza post hardcore. È il caso ad esempio di Olive Garden, che dietro una impalcatura à la Touché Amoré cela tutto il disagio di Babcock per una storia d’amore che è andata o sta andando a rotoli (“I’m sorry for what I said / What else should I say? / If you give me another chance / I’m probably gonna fuck it up anyway”), oppure di Best Revenge che stancamente abbandona ogni reazione rabbiosa per affidarsi al mantra “The best revenge is livin’ well”, rivolto chissà a chi ma più probabilmente alla vita.

Anche musicalmente quello che succede in “Who Will Look After The Dogs?” è un alleggerimento, non tanto della velocità complessiva, visto che un paio di scorribande ci sono eccome (vedi l’iniziale No Hope, Get Dumber che vanta il featuring di Jeff Rosenstock o Paranoid), quanto piuttosto nel procedimento compositivo, perché appare evidente come prevalga qui un approccio meno cerebrale e predefinito, portato probabilmente in dote dal produttore John Congleton. Un approccio che è un po’ come se Babcock e i PUP si fossero imposti di smetterla di pensarci e farsi il sangue amaro, di arrendersi alle evidenze e lasciare quindi scorrere il flusso creativo così come viene.

E quindi le debolezze e la vulnerabilità di Babcock diventano le debolezze e la vulnerabilità di tutti, con “Who Will Look After The Dogs?” che ne è la miglior rappresentazione possibile, quando il mondo tutto intorno prova ad affossarti, quando le persone vicine e meno vicine ti lasciano affogare invece di tenderti una mano, quando la stanchezza è diventata troppa e l’unica domanda che riesci a porti è “chi si prenderà cura dei cani?”, lasciando intendere una dolorosa assenza/mancanza, definitiva o meno che sia, metaforica o meno che sia. Bravi PUP, perché a volte occorrerebbe lasciar defluire l’emotività invece di castrarla con le urla.

2025 | Little Dipper/Rise

IN BREVE: 3,5/5