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Sarathy Korwar – More Arriving

Magari qualcuno a questo punto potrebbe considerarlo un esercizio di retorica, ma ribadire che viviamo in tempi in cui si alzano barriere, con risvolti anche drammatici per le persone più deboli che costituiscono le vittime di questo atteggiamento di chiusura, che si verifica in Italia come negli Stati Uniti, in Inghilterra come in Brasile, in Turchia e in generale diffusamente in tutto il mondo, non è mai abbastanza. Poi, negli stessi giorni in cui un’ennesima figura discutibile come Boris Johnson viene nominata Primo Ministro della Gran Bretagna, leader conservatore e deciso a spingere l’acceleratore nella direzione della Brexit, dopo i tentennamenti del governo May, un disco come questo che scava a fondo nelle radici del colonialismo britannico e quindi nella cultura suburbana della città di Londra, ha un significato forte al di là dei suoi fondamentali contenuti artistici. Sarathy Korwar è un indiano che vive in Gran Bretagna, è un compositore e un musicista, specialmente percussionista e grande studioso dei tabla e della musica tradizionale del suo Paese, la musica classica hindustani, fino a risalire alle origini dello strumento che scavano nella discendenza di tribù (guarda caso) provenienti dall’Africa e che giunsero in India nel settimo secolo.

In due/tre anni Korwar si è rivelato con due pubblicazioni discografiche che ne hanno definito il suono e lo stile, fino ad arrivare a quest’album intitolato More Arriving, che mette assieme influenze differenti che riassumono un po’ il contesto del melting pot multiculturale londinese, pescando a piene mani intanto nel patrimonio della scena rap e hip hop di Mumbai e Nuova Delhi, poi in quelle influenze Ninja Tune (che peraltro è la label per la quale Korwar ha pubblicato il suo primo LP, “Day To Day” del 2016) che hanno segnato il movimento alternative britannico in questi anni, fino ad arrivare all’avant jazz con marcate influenze afro di collettivi come i Sons Of Kemet. Un marchio di fabbrica ancora made in UK che qui si fa sentire forte, anche perché i suoni e gli arrangiamenti non sono mai banali ma, al contrario, grazie al coinvolgimento di una pluralità di musicisti sono all’avanguardia e vanno oltre ogni definizione di genere.

Il disco è stato registrato tra l’India e il Regno Unito, il manifesto è quello di imporre la cultura hindustani in maniera forte nel contesto della Gran Bretagna, una “voce tra mille”, così come ha voluto definire la sua musica lo stesso autore, che non può non tenere conto allo stesso tempo del contesto geopolitico e del tema delle visioni su un piano internazionale. Il sound dell’album vede intanto il ruolo dominante delle percussioni, che ci mostrano anche la grande maestria di Korwar, capace di adottare uno stile diverso a seconda dei momenti, quelli più aggressivi dell’hip hop di Mumbay, le dimensioni lounge di Coolie, l’avant hindustani di Bol arricchito dal recital del drammaturgo londinese Zia Amhed (interprete anche in Mango), il notturno City Of Words (dodici minuti che esplodono in un trionfo di fanfare e parate di giganteschi elefanti per le strade della città vecchia di Delhi), gli stati trance fantasma di Good Ol’ Vilayati (contrassegnata da contaminazione e sperimentalismo nell’uso delle voci), lo scorcio spoken word bluesy di Pravasis.

Si alterna l’uso della lingua hindustani a quello della lingua inglese, ma è un’alternanza cui si fa caso solo volendo porre l’accento su questo aspetto specifico, perché nella verità tra tutte le diverse influenze, sebbene siano coinvolti diversi musicisti e gli interpreti siano di volta in volta differenti e anch’essi provenienti da diversi background culturali e persino geografici, il tema centrale è unico e così ci appare quest’opera trascendente, che sussiste al di là di qualsiasi proposta di intenti e opzione divisoria, che qui non trova nessuna possibilità di riuscita.

(2019, The Leaf Label)

01 Mumbay (feat. MC Mawali)
02 Jallaad
03 Coolie (feat. Delhi Sultanate & Prabh Deep)
04 Bol (feat. Zia Amhed & Aditya Prakash)
05 Mango (feat. Zia Amhed)
06 City Of Words (feat. Trap Poju & Mirande)
07 Good Ol’ Vilayati (feat. Mirande)
08 Pravasis (feat. Deepak Unnikshnan)

IN BREVE: 4/5

Sono nato nel 1984. Internazionalista, socialista, democratico, sostenitore dei diritti civili. Ho una particolare devozione per Anton Newcombe e i Brian Jonestown Massacre. Scrivo, ho un mio progetto musicale e prima o poi finirò qualche cosa da lasciare ai posteri. Amo la fantascienza e la storia dell'evoluzione del genere umano. Tifo Inter.