Home RECENSIONI Slash feat. Myles Kennedy And The Conspirators – 4

Slash feat. Myles Kennedy And The Conspirators – 4

Essendo Slash – con larghissimo merito – una delle icone della storia del rock, ed essendo il rock, quale tema centrale nella vita del giovane ascoltatore medio, un tema in costante decrescita, ogni volta che il suddetto tiri fuori un qualche prodotto musicale, tanti non-più-giovani ascoltatori medi incominciano a sbroccare vaneggiando di quanto sia vivo e vegeto il rock, di come il nostro idolo col cappello a cilindro possa insegnare a tutti questi “ragazzi della trap” come si fa la musica, e via gerontologicamente discorrendo.

Quali fan age-appropriate del “vero rock”™, ogni volta abbocchiamo come dei fessi, incuranti del profluvio di improperi proferiti all’ascolto del precedente album, questa volta, ci diciamo, sarà almeno un buon album. Ed invece eccoci qui, in un nuovo fiume in piena di improperi dedicati a Slash e Myles Kennedy, la cui band, i Conspirators, evidentemente cospira per rovinarci una giornata.

Imperscrutabile è il modo nel quale un artista che ci ha regalato alcuni tra i riff e tra gli assoli più meravigliosamente memorabili della storia di questo genere ormai bistrattato possa riuscire a non imbroccarne più nemmeno uno in quasi quarantacinque minuti di album, mentre Kennedy, polmoni pieni, ampia estensione e qualità impercettibile, ulula alla luna (nuova); si salvano, con molta fatica, il riff di The River Is Rising, singolo estratto che sembra uno scarto di “Use Your Illusion I”, ed il kitsch (ma per lo meno memorabile) di Fall Back To Earth, che sfodera anche un assolo dignitosissimo nella sua semplicità. Del resto, nonostante la perizia tecnica, la dote principale del chitarrista losangelino (in questo erede di Brian May) è sempre stata quella di fare assoli totalmente memorabili quanto la melodia di una canzone, come e più di un riff.

“Here she comes, here she comes / My apparition of love / She’s got me speaking in tongues”: ecco un esempio della vena poetica che pervade 4; non che ci si aspetti da un album di hard rock cafone (che pure negli anni ha dato esempio di non dover essere necessariamente liricamente banale) le liriche di Bob Dylan, ma è anche vero che qui si scende molto sotto il livello di guardia. E anche il suono, che si presupponeva, per via della registrazione più o meno live, essere caldo, ruvido e per lo meno dal grande feeling, è ancora una volta sterilizzato seppure certamente poderoso.

E se April Fools (“Pesce d’Aprile”), che è arrivato in Febbraio, è il peggior pezzo dell’album, noi vorremmo davvero poter dire “pesce d’Aprile, v’abbiamo fregati! Questo è un disco meraviglioso!”, perché Slash resta un’icona intramontabile, anche se continua a pubblicare dischi terribilmente mediocri, carichi di banalità e clichè musicali che fanno sembrare gli ultimi dischi degli AC/DC dei sofisticati exploit sperimentali di John Cage. Non resta che sperare che, miracolosamente, il nuovo disco dei redivivi e pacificati Guns dia qualche misera soddisfazione.

(2022, Gibson / BMG)

01 The River Is Rising
02 Whatever Gets You By
03 C’est La Vie
04 The Path Less Followed
05 Actions Speak Louder Than Words
06 Spirit Love
07 Fill My World
08 April Fool
09 Call Off The Dogs
10 Fall Back To Earth

IN BREVE: 2/5

Reverendo Dudeista, collezionista ossessivo compulsivo, avvocato fallito, musicista fallito. Ha vissuto cento vite, nessuna delle quali interessante. Scrive per Il Cibicida da un numero imprecisato di anni che sarebbe precisato se solo sapesse contare.