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Steven Wilson – 4 ½

412Una ne fa, cento ne suona. È impossibile frenare l’estro creativo di Steven Wilson, l’ex leader dei Porcupine Tree, la sua è quasi una frenetica energia creativa che lo spinge ogniqualvolta ne abbia voglia (spesso) a ricercare soluzioni sonore da poter imprimere su disco.

4 ½ è il nuovo lavoro in solitaria (si fa per dire) dell’artista dell’Hertfordshire inglese, disco appunto affollatissimo di musicisti e della durata di circa 35 minuti divisi tra quattro outtakes del disco precedente e il brano dei Porcupine Tree Don’t Hate Me, qui in versione live cantato insieme alla israeliana Ninet Tayeb. Alla fine dei conti, una tracklist che ci racconta l’evoluzione antistatica di un musicista dalle mille ombre e altrettanti squarci di luce inimmaginabile.

Fluidi cantautorali, strati progressive, ballate pop, chiazze di psichedelica e innesti rock, questa la “letteratura sonora” che Wilson rende policroma e suggestiva all’ascoltatore, come le elucubrazioni à la XTC di My Book Of Regrets e il violino tristagnolo che increspa Year Of The Plague. La poesia intima esplode poi con la bella ballata Happiness III, col flauto traverso di Theo Travis che si adagia sulle onde di benessere di Sunday Rain Set In, pace interrotta dal bofonchio di un basso (Nich Beggs) che alza il tiro nel prog vecchio stampo di Vermilloncore.

Il tutto è risucchiato in uno stato spacey emotivo, con la già citata Don’t Hate Me che lascia leggermente storditi e in preda ad allucinazioni lussuriose come, del resto, Wilson insegna.

(2016, Kscope)

01 My Book Of Regrets
02 Year Of The Plague
03 Happiness III
04 Sunday Rain Sets In
05 Vermillioncore
06 Don’t Hate Me

IN BREVE: 3/5

Giornalista e critico musicale da tempo, vivo nella musica per la musica, scrivo di suoni, sogni e segni per impaginare gli sforzi di chi dai sistemi sonori e dalle alchimie delle parole ne vuole tirare fuori il ritmo vitale dell’anima.