Home RECENSIONI The Districts – You Know I’m Not Going Anywhere

The Districts – You Know I’m Not Going Anywhere

A quasi tre anni da “Popular Manipulation” (2017), The Districts hanno pubblicato il loro quarto album in studio, apportando molte novità dal punto di vista del sound, grazie soprattutto al contributo di Keith Abrams alla produzione e Dave Fridmann al missaggio: quest’ultimo è il miglior produttore musicale in materia di psych rock (MGMT, Tame Impala, The Flaming Lips, Mercury Rev, per citarne solo alcuni) e la sua impronta è riconoscibile dalle atmosfere adottate nella maggior parte dei brani, dove il contrasto tra synth e suoni semi-acustici la fa da padrone.

La storia musicale del gruppo di Lititz (piccola cittadina della Pennsylvania) è caratterizzata da un debutto precoce: Rob Grote e soci erano ancora degli adolescenti quando pubblicarono “Telephone” (2015) e si sono fatti conoscere grazie alla loro capacità di sperimentare generi differenti, conservando qualcosa al termine di ogni lavoro, e ad una scrittura minimale, ma tutt’altro che banale. Tali premesse presentano molte affinità con un’altra band tornata recentemente sulle scene, i Bombay Bicycle Club: considerato il paragone, ci si possono aspettare grandi cose.

L’apertura di You Know I’m Not Going Anywhere è affidata alla chitarra acustica e al battito di mani della sognante My Only Ghost, leggera ballata che si disgrega a poco a poco tra synth e l’echeggiare dei cori. A essa fanno seguito i tre singoli che hanno anticipato l’uscita del disco: Hey Jo, il cui testo fa riferimento a Daniel Johnston, eccellente cantautore lo-fi molto amato dai membri della band, e alla sua “Hey Joe” contenuta in “Hi, How Are You” (1983); la più incalzante Cheap Regrets di matrice post punk; e poi Velour and Velcro, caratterizzata da campionamenti di batteria e nuovamente dalla chitarra acustica.

Vi sono poi la particolare e orecchiabile ballad Changing, il pezzo folk Descend che segna la metà del disco e i riff di chitarra appena accennati della timida The Clouds. Degne di nota sono la minimale Dancer, nella quale il protagonista principale è un sassofono, e la successiva Sidecar che aumenta il ritmo ritornando inaspettatamente alle sonorità post punk. In chiusura vi sono gli archi e i synth di And The Horses All Go Swimming, il cui accostamento è probabilmente il più ambizioso e azzardato all’interno dell’album, e infine i toni malinconici dell’atmosferica 4th Of July.

“You Know I’m Not Going Anywhere” è il miglior disco prodotto finora dalla band, nonché il più maturo, e pone in risalto alcuni loro punti cardine come i cori, i testi centrati e in alcuni casi sonorità più veloci; allo stesso tempo aggiunge altri mattoncini uscendo dal consueto e sperimentando nuovi suoni, facendo compiere agli ormai ex enfants prodiges un ulteriore passo avanti.

(2020, Fat Possum)

01 My Only Ghost
02 Hey Jo
03 Cheap Regrets
04 Velour And Velcro
05 Changing
06 Descend
07 The Clouds
08 Dancer
09 Sidecar
10 And The Horses All Go Swimming
11 4th Of July

IN BREVE: 4/5

Studentessa di ingegneria informatica, musicofila, appassionata di arte, letteratura, fotografia e tante altre (davvero troppe) cose. Parla di musica su Il Cibicida e con chiunque incontri sulla sua strada o su un regionale (più o meno) veloce.