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Travis – Where You Stand

S’erano un po’ perse le tracce dei Travis, finiti anch’essi in quel buco nero che ha inghiottito mano a mano tutti i reduci della gloriosa ondata britpop di scuola nineties. Complice la recente nuova attenzione rivolta verso quelle sonorità che segnarono un’epoca, anche Francis Healy e soci tornano in pista con questo Where You Stand, settima fatica in studio della formazione di base a Glasgow, la prima da cinque anni a questa parte.

Ciò ch’era saltato in mente già all’ascolto del primo estratto diffuso nel mese di Aprile, ovvero la title-track, è che per la band scozzese non pare esser cambiato nulla. Nè in bene, nè in male. Nel senso che la formula utilizzata dai quattro per tirare fuori il nuovo album è la stessa che nel ’97 aveva dato vita all’esordio “Good Feeling”, la stessa che nel 2001 ne aveva decretato il successo planetario con “The Invisible Band”: ogni brano è condito da melodie agrodolci e refrain che esplodono in tutto il loro languore, a creare un mood da calma piatta che si fa apprezzare se si vuole un ascolto in cuffia in un momento di relax.

Una formula che, come s’è detto, non cambia di una virgola neanche per aggiornarsi alle nuove tendenze del genere: non c’è un filo d’elettronica in “Where You Stand” e dobbiamo ammettere che la cosa ci garba parecchio, in un periodo in cui pare piuttosto semplice mettersi davanti ad un computer a smanettare coi suoni, inserendo ingredienti random neanche fossimo in uno di quei show di cucina tanto in voga sulle TV satellitari.

L’altro singolo Moving ha le carte in regola per acquisire i gradi di “portabandiera” dell’intero lavoro (e si sa che beccare il singolo giusto è, sì, fortuna ma anche occhio clinico), mentre Boxes si attesta fra le composizioni più gradevoli dell’intera produzione a nome Travis, una discografia mai a livelli d’eccellenza ma solo sporadicamente sotto il sei politico.

Con “Where You Stand” i Travis svolgono il compitino in modo egregio e riescono a non perdere la faccia come tanti altri colleghi con cui hanno condiviso palchi e pagine dei giornali a cavallo fra i due millenni. Pur sempre di compitino trattasi, però, ma a quarant’anni e coi capelli ormai brizzolati questo è quanto di meglio gli si potesse domandare. Loro hanno risposto nel modo giusto.

(2013, Red Telephone Box)

01 Mother
02 Moving
03 Reminder
04 Where You Stand
05 Warning Sign
06 Another Guy
07 A Different Room
08 New Shoes
09 On My Wall
10 Boxes
11 The Big Screen