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U2 – Songs Of Innocence

songsofinnocenceCome per tante altre icone del rock, da un certo punto in poi della loro storia anche per gli U2 è sempre valsa l’annosa diatriba che vede contrapposti chi li ama a chi li odia. Tutta una questione di gusti, di personalissime circostanze che portano o meno una “With Or Without You” a segnare un momento di vita e via discorrendo, valutazione che più soggettiva non si può. Un po’ meno soggettivo diventa, invece, fare un resoconto degli ultimi 20 anni di vita discografica di Bono e soci. Da quanto non tirano fuori un album degno della loro leggenda? A nostro avviso da circa 17 anni, ovvero dai tempi di “Pop”, lavoro peraltro controverso anche fra gli adepti più irriducibili. Questo per dire che la leggenda va coltivata affinché non si trasformi in pantomima.

Ecco, gli U2 a coltivare c’hanno pensato davvero poco negli ultimi tempi, dediti piuttosto al raccolto (di euro, dollari e varia altra cartamoneta). Songs Of Innocence, così, a parte l’effetto sorpresa di una pubblicazione inaspettata, della gratuità del download su iTunes e del sodalizio con Apple e l’iPhone 6 (tutte cose che con la musica, poi, hanno davvero poco a che fare), non smuove di un millimetro convinzioni ormai ben radicate in chi li segue praticamente da sempre. Perché qui, al contrario di quanto si diceva all’inizio, la questione non è più se “amare” o “odiare” gli U2: il punto è capire una volta per tutte cosa hanno ancora da dire gli irlandesi e quanto ogni nuovo album non sia piuttosto il semplice pretesto per intraprendere tour milionari (anche se, bisogna ammetterlo, sempre avvolti da un innegabile fascino).

“Songs Of Innocence” è, con poco margine di dubbio, la roba più scadente mai partorita dalla band. Potremmo dire qualcosa in più sul silenzio assordante della parte centrale del disco (con in testa l’imbarazzante Volcano) o sul piattume del singolo The Miracle (Of Joey Ramone), che non ha più neanche quel po’ di verve di predecessori quali “Elevation” o “Vertigo”. Oppure potremmo parlare più nel dettaglio delle lyrics, spesso punto di forza della band e ridotte adesso a luoghi comuni (California in questo senso fa quasi paura) e ad una raffica di coretti da stadio tesi alla più ampia immedesimazione possibile. Ma che senso avrebbe? Sarebbe un po’ come sparare sulla croce rossa, passando per hater dell’ultima ora. Niente di tutto ciò.

Mancano le canzoni in “Songs Of Innocence”, manca il seppur minimo tentativo di andare almeno per un paio di secondi oltre uno schema consolidato, manca quella varietà di melodie che faceva di ogni album degli U2 (ripetiamo, sempre fino al ’97) un climax di sentimenti e sensazioni. Manca il cuore, è solo l’ennesimo album fatto col cervello e – ancor peggio – con la calcolatrice.

Inoltre, non basta un sound in vero più scarno, ripulito e meno barocco, a restituire agli U2 una veste rock che hanno perso da decenni e che a questo punto dubitiamo riacquisteranno mai. Ci provano, ci provano davvero a non scadere nel ridicolo, ma i risultati sono devastanti (salvo qualche minuscolo passaggio, come nella conclusiva The Troubles) e siamo certi che anche dal vivo la sostanza non potrà cambiare più di tanto. A questo punto ci chiediamo se per loro non sarebbe il caso di cominciare ad andare semplicemente in tour, di tanto in tanto, riproponendo il meglio della propria produzione: non sarebbe una vergogna – lo fanno già in tanti – e ne uscirebbero decisamente meglio che così.

(2014, Island)

01 The Miracle (Of Joey Ramone)
02 Every Breaking Wave
03 California (There Is No End To Love)
04 Song For Someone
05 Iris (Hold Me Close)
06 Volcano
07 Raised By Wolves
08 Cedarwood Road
09 Sleep Like A Baby Tonight
10 This Is Where You Can Reach Me Now
11 The Troubles

IN BREVE: 1/5