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Fuori e dentro gli schemi: i Beastie Boys e il successo di Ill Communication

Già nella loro primissima proiezione discografica, il mastodontico “Licensed To Ill” del 1986, i Beastie Boys avevano dimostrato di saper mettere insieme il loro background punk/hardcore con l’hip hop, flirtando con suggestioni tra le più disparate. Michael Diamond, Adam Yauch e Adam Horovitz avrebbero fatto di quelle mistioni il loro cavallo di battaglia, contribuendo in maniera determinante alla diffusione del crossover e allo sdoganamento dell’hip hop tra i bianchi, con un percorso in continua evoluzione condensatosi in “Paul’s Boutique” prima (1989) e “Check Your Head” poi (1992). Proprio quest’ultimo album, al contrario dei due predecessori, si rivelò dal punto di vista commerciale − e solo da quello – un passo indietro e il motivo è facile da trovare: i Beastie Boys avevano ulteriormente allargato il proprio spettro compositivo, con il punk e i riffoni di chitarra che s’erano fatti davvero insistenti. Niente di troppo nuovo per loro, si potrebbe obiettare, ma il disco pagò le conseguenze dell’assenza di una vera hit.

Ed è questa l’essenziale differenza con il loro quarto album Ill Communication che, pubblicato il 31 Maggio del 1994, arrivò invece sulla scia di due pezzi spacca classifiche come SabotageGet It Together, i primi singoli estratti dall’album. Il primo, accompagnato dallo storico videoclip del regista Spike Jonze in cui Mike D, MCA e Ad-Rock si divertono a prendere in giro gli stereotipi dei telefilm polizieschi à la “Miami Vice”, si rivela fin da subito uno degli inni di quella metà anni ’90, con il suo mischione di hardcore, funk e rap che finirà per segnare in modo indelebile la sfera crossover. Il secondo, invece, è un brano che vanta il featuring lussuoso di Q-Tip degli A Tribe Called Quest, rappresentando a tutti gli effetti il definitivo e implacabile gancio con cui i Beastie Boys attirano verso il proprio nome l’alternative rap, per non lasciarlo mai più.

Nella sostanza “Ill Communication” rompe ogni schema precostituito riguardo l’accostamento fra i generi e le mistioni, con i Beastie Boys che di conseguenza diventano gli alfieri di un nuovo modo di giocare con e mescolare le varie culture. Nel disco, che consta come il precedente della bellezza di venti tracce, convivono infatti spunti schizofrenici che vanno dal puro hardcore della brevissima Tough Guy e di Heart Attack Man al funk lisergico della strumentale Shambala, dal flauto in loop dell’iniziale Sure Shot al violino di Eugene’s Lament, dagli inserti latini di Flutterman’s Rule a quelli jazz di Ricky’s Theme e Sabrosa, senza dimenticare il rap old school di pezzoni come B-Boys Makin’ With The Freak Freak, Root Down e Do It, che ristabiliscono gli equilibri in mezzo a tantissime divagazioni.

Insomma, una vera e propria marea di intuizioni liquide fra i generi e fluttuanti da un’influenza all’altra dei tre Beastie Boys che, se sul momento premiano inequivocabilmente la band, con le classifiche che gli sorridono eccome, in ottica futura segneranno il fondamentale spartiacque per l’evoluzione di tutto ciò che da lì in poi sarebbe stato etichettato sotto le voci “crossover”, “alt rap”, “rap metal” e via discorrendo. Ecco, se i Beastie Boys non si fossero mossi così follemente fuori e dentro gli schemi, se non avessero pubblicato un disco come “Ill Communication”, tutto ciò probabilmente non sarebbe mai accaduto.