Home RECENSIONI Julian Casablancas – Phrazes For The Young

Julian Casablancas – Phrazes For The Young

Forse la mattina, seduto al tavolo della cucina, spalmando burro su pane tostato insieme a marmellata di prugne e bevendo orange juice, Julian Casablancas avrà pensato: “Che faccio oggi? Sono una rockstar, cazzo, faccio un disco”. Nel frattempo altre fette sono schizzate fuori dal tostapane, la pancetta ha raggiunto la giusta bruciacchiatura e le uova fritte mostrano un occhio perfettamente rotondo, per un breakfast da fare alla luce chiarissima di New York. Julian avrà pensato che lui, in fondo, è quello che ha resuscitato il rock quando nei 2000 pareva defunto. Lo ha fatto con gli Strokes e con quel disco “Is This It”, che cambiava le suole a scarpe rock ‘n’ roll vecchie di quarant’anni. Gli hanno detto così a Julian (!) e lui toccò il cielo con un dito prenotando un posto tra le poltroncine in feltro rosso all’olimpo dei rocker americani. Novembre 2009, il suo esordio da solista eccolo qua, facile facile, in scioltezza, tra un sorso di succo d’arancia in un lunch del sabato mattina. Nessun moto artistico, nessun vortice espressivo da far uscire per non morire. Niente di niente. Phrazes For The Young è un disco hobby. E’ roba mediocre al mercatino delle pulci. E’ un american breakfast qualsiasi. Un albo di musica scadente, con canto moscio, idee appena sbozzate. Casablancas si diletta in canzoni dall’elettronica indecente, con tastiere da piano bar e pulsazioni stufose (Left & Right In The Dark11th Dimension), ballate sdolcinate degne dell’ultimo C.J. Cornell (come lo chiamerebbe il nostro Marco Giarratana): ci riferiamo ad esempio a 4 Chords Of The Apocalypse e a Ludlow St. (quest’ultima con sghembe tinte country). E poi, certo, anche a quei rock ‘n’ roll fatti con formine da cucina in perfetto non-stile Strokes (Out Of The BlueRiver Of Brakelights). Non ce ne voglia Julian, non ce ne vogliano neanche Scott Weiland, C.J. Cornell, e sì anche Paul Banks. Ma non ci piacciono i dischi fatti “tanto per”. Ci annoiano, ci indispettiscono. La storia del rock americano merita ben altro rispetto. E noi non abbiamo tempo da perdere.

(2009, Rough Trade)

01 Out Of The Blue
02 Left & Right In The Dark
03 11th Dimension
04 4 Chords Of The Apocalypse
05 Ludlow St.
06 River Of Brakelights
07 Glass
08 Tourist

A cura di Riccardo Marra