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Billie Eilish – Happier Than Ever

A volte ci si dimentica, nella miriade di articoli, commenti sui social e speciali che le vengono quotidianamente dedicati in tutto il mondo, come Billie Eilish abbia oggi soltanto diciannove anni. E che gli anni che la separano dal suo esordio discografico, “WHEN WE ALL FALL ASLEEP, WHERE DO WE GO?” del 2019, siano appena due. Perché tanto per Billie, quanto per noi semplici fruitori del suo lavoro, sembrano in realtà esserne passati molti ma molti di più. La pandemia ha rallentato a dismisura le nostre vite, è chiaro, ma gli ultimi due anni di Billie valgono almeno il quintuplo per ben altri motivi: questa ragazza classe 2001 − e la sua crew, da non dimenticare affatto − ha inanellato una serie di successi ed esperienze davvero disarmanti, ha sfondato record su record di streaming, s’è aggiudicata un pugno di dischi di platino, ha realizzato colonne sonore prestigiose, ha vinto una manciata di Grammy e altri premi vari ed eventuali. Ha soprattutto segnato il suo, il nostro tempo, diventando la più coerente rappresentante di un’intera generazione di frontiera.

Happier Than Ever ha così inevitabilmente affrontato l’attesa spasmodica riservata ai più grandi (ma neanche a tutti, a essere onesti), perché che un’adolescente muti approccio, visioni e prospettive in pochissimo tempo è qualcosa di naturale e fisiologico, ancor più se si tratta di un’adolescente che ha subito e fornito input a iosa. Che ha combinato la Billie Eilish targata 2021? Intanto parla principalmente di altro. Se nel 2019 il perno concettuale dei suoi testi erano proprio le problematiche adolescenziali (l’uso di psicofarmaci, gli istinti suicidi, gli amori agrodolci), qui l’attenzione si sposta sull’adolescenza negata proprio dal successo, dall’attenzione quasi maniacale rivoltale da milioni di fan in giro per il globo, quella che non le permette di vivere la sua età come chiunque altro. E Billie chiarisce quest’aspetto subito e senza mezzi termini, già dall’emblematica Getting Older (“Invecchiando”) che inaugura la tracklist: “I’m gettin’ older, I think I’m agin’ well / I wish someone had told me I’d be doin’ this by myself / There’s reasons that I’m thankful, there’s a lot I’m grateful for / But it’s different when a stranger’s always waitin’ at your door / Which is ironic ‘cause the strangers seem to want me more / Than anyone before (Anyone before) / Too bad they’re usually deranged”. Niente, davvero nient’altro da aggiungere sull’argomento.

Billie parla del suo nuovo status di “diva” che non le si cuce troppo bene addosso (in I Didn’t Change My Number sembra quasi voler affermare di essere la stessa di prima, di sempre), s’interroga sul futuro come qualunque coetaneo nel pieno della scoperta di se stesso (neanche a dirlo, in my future) e sul senso della vita se vissuta da soli (Everybody Dies), sottolinea il patimento per la sovraesposizione mediatica e sentimentale (leggere con attenzione il testo di OverHeated). Il sesso e le relazioni idealizzate dell’esordio, poi, si fanno concrete tanto in positivo quanto in negativo (come in Oxytocin, un ormone strettamente connesso alla stimolazione sessuale, Your Power o la title track), ed è qui che la maturità di Billie viene maggiormente fuori, nell’affrontare con consapevolezza e (apparente?) razionalità quelle situazioni che appena un paio d’anni fa l’avevano letteralmente messa al tappeto. Fino allo spoken di Not My Responsability, il punto più alto del disco, una scrosciante ed intensissima accusa verso i giudizi esterni, il body shaming e tutto il campionario di cattiverie social dei nostri giorni: “Do you know me? / Really know me? / You have opinions about my opinions / About my music / About my clothes / About my body / Some people hate what I wear / Some people praise it / Some people use it to shame others / Some people use it to shame me”.

Come nel debutto, anche qui è particolarmente complicato parlare di musica, perché quello che mettono in piedi Billie e il fratello Finneas − che, lo ricordiamo, sta dietro tutte le produzioni della sorella − è ancora una volta un pastiche di riferimenti e rimandi, che trova una propria delineata strada in quella trasversalità che se non controllata bene avrebbe potuto mandare tutto a monte: la bossa nova sintetica di un pezzo che senza troppi giri di parole s’intitola Billie Bossa Nova ne è un esempio lampante, così come l’hip hop accennato di Lost Cause o lo sbilenco r’n’b di I Didn’t Change My Number. Ma qui in “Happier Than Ever” c’è anche tanta acustica e voce come in Your Power, nella conclusiva Male Fantasy o nella title track (subito prima dell’esplosione finale del pezzo), roba nettamente in contrasto cromatico con l’ossessiva elettronica di Oxytocin e quella più cadenzata di GOLDWING e NDA, che sono anche i passaggi in cui esordio e sophomore si lambiscono reciprocamente.

Infarcito di riferimenti classici ma declinato in una chiave tremendamente contemporanea, “Happier Than Ever” finisce così per rivelarsi come la sfrontata prova di forza di un’artista che risponde col dito medio alle aspettative del mondo lì fuori, rimanendo fedele al proprio percorso e non dando in pasto a pubblico e critica il solito compitino ben svolto, utile solo a mantenere inalterato lo status quo. Di limitarsi a quello Billie Eilish sembra davvero non sapere che farsene, ed è per questo che oggi come lei non c’è proprio nessun altro, nessuno che possa piacere contemporaneamente a genitori e figli, nessuno che possa calcare indifferentemente il palco di un teatro di Broadway e quello mastodontico del Coachella con la stessa credibilità. Nessuno, e occorre prenderne atto.

(2021, Darkroom / Interscope)

01 Getting Older
02 I Didn’t Change My Number
03 Billie Bossa Nova
04 my future
05 Oxytocin
06 GOLDWING
07 Lost Cause
08 Halley’s Comet
09 Not My Responsibility
10 OverHeated
11 Everybody Dies
12 Your Power
13 NDA
14 Therefore I Am
15 Happier Than Ever
16 Male Fantasy

IN BREVE: 4,5/5