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Devendra Banhart – Mala

Quel freakkettone di Devendra Banhart ce l’ha un po’ per vizio di disorientare l’ascolto. Lo fa senza malizia, lo fa perché per la testa gli girano sempre mille paesaggi diversi, tutti da affrescare a forza di note. Questo Mala, così, va inevitabilmente incontro alla sorte dei suoi predecessori, ovvero una nevrosi di stili concentrata in quattordici tracce per poco più di quaranta minuti di durata. Nevrosi rispecchiata in pieno dal titolo stesso: una parola che – come precisato dallo stesso Devendra – a seconda della lingua cambia significato, trasversale e polimorfa. Insomma, perfetta per racchiuderne il variegato contenuto.

La tendenza prevalente di “Mala” resta, come nei precedenti lavori del cantautore americano, quella psych-folk, substrato costante dell’intero album ed evidentissima in brani come Never Seen Such Good Things o Won’t You Come Home. I richiami alla California, terra adottiva di Devendra, non stanno però solo nella psichedelia perchè l’Oceano Pacifico sembra quasi di sentirlo, nascosto dietro la chitarra acustica, dietro gli annacquati arpeggi di Won’t You Come Over o della strumentale The Ballad Of Keenan Milton (dedicata allo scomparso skateboarder). Quando poi, come spesso accade, Devendra si rimbocca le maniche e decide di riprendere la lingua del suo Paese d’origine, il Venezuela, eccolo cantare Mi Negrita in uno spagnolo che lo trasforma in un Julio Iglesias in salsa Mariachi (stessa lingua nella title track).

A ulteriore conferma della schizofrenia compositiva di Banhart spunta anche un pezzo come Your Fine Petting Duck, canzone d’amore cantata in duetto con la fidanzata, la fotografa serba Ana Kras, la responsabile del titolo dell’album (“mala” in serbo vuol dire “tenero” ed è il nomignolo che a quanto pare la ragazza ha affibbiato a Devendra): dall’iniziale e canonico folk all’elettronica eighties del finale senza passare dal via. Elettronica che ricompare anche in Cristobal Risquez, giusto per mischiare ancora un po’ le carte in tavola. Alcuni episodi sanno di riempitivo, ma nel complesso un lavoro come questo “Mala” risulta godibile e in perfetta linea col personaggio che Devendra Banhart s’è saputo cucire addosso negli anni: un po’ hipster, un po’ freak, un po’ pazzoide, un po’ sconnesso e decisamente ricco di gradazioni di colore.

(2013, Nonesuch)

01 Golden Girls
02 Daniel
03 Für Hildegard Von Bingen
04 Never Seen Such Good Things
05 Mi Negrita
06 Your Fine Petting Duck
07 The Ballad Of Keenan Milton
08 A Gain
09 Won’t You Come Over
10 Cristobal Risquez
11 Hatchet Wound
12 Mala
13 Won’t You Come Home
14 Taurobolium