Home RECENSIONI Earth – Angels Of Darkness, Demons Of Light I

Earth – Angels Of Darkness, Demons Of Light I

Avevamo lasciato la creatura di Carlson e soci ai desolati territori di “The Bees Made Honey On The Lion Skull”, album uscito ormai quasi tre anni fa. Cosa ci propongono oggi gli Earth? Inutile dire che l’ingrediente principale della loro proposta, al di là delle coordinate stilistiche assolutamente definite (stiamo parlando dei creatori del drone, genere che tocca oggi lidi inesplorati grazie ai discepoli Sunn O))) ed un’altra manciata di ottime band), è la capacità di espandere la propria visione musicale mantenendosi al contempo fedeli al proprio spirito originario, fatto di continua sperimentazione e di un gusto compositivo che ha pochi eguali nella storia del rock contemporaneo. L’album di passaggio è forse riconducibile a quel “Hex; Or Printing In The Infernal Method”, che scavò a fondo nel concetto stesso alla base del loro sound, ridandogli la luce, spogliandolo di migliaia di watt e consegnandogli il ruolo di assoluto protagonista. Il discorso si è fatto più maturo in “The Bees”, fino ad arrivare ad oggi con questo nuovo Angels Of Darkness, Demons Of Light I primo capitolo di un concept che vedrà la sua conclusione in un secondo album previsto per la fine dell’anno. Mettiamo subito nero su bianco che l’ultima fatica del gruppo di Seattle non si discosta molto da quanto sentito ultimamente, e mai soluzione fu più azzeccata. L’incedere geologico delle loro composizioni, che mai come adesso evocano atmosfere care al miglior Sergio Leone e a paesaggi country/folk desolanti che non tarderanno a materializzarsi davanti ai vostri occhi, sembrano infatti chiudere un discorso iniziato proprio con “Hex”, e giunto nel frattempo alla necessaria maturità espressiva. Già dalla prima traccia, Old Black, siamo catapultati in una notte calda e desertica, malinconica e in impercettibile movimento. L’ispirata chitarra di Carlson conduce le danze con un fraseggio caldo ed evocativo, mentre il lento incedere di batteria e basso sembra accentuare il pulsare rallentato dei nostri cuori, immersi come non mai nelle lisergiche acque dipinte dai nostri; un azzeccato violoncello (che sostituisce l’hammond dello scorso album) fa il resto, dando l’ultimo fondamentale apporto alla causa degli Earth: il resoconto bruciante della lunga notte dell’animo, impegnato a cercare la strada di casa in un viaggio visionario, polveroso, sudaticcio. Quasi ad avvalorare questa tesi, è il turno di Father Midnight, dove l’acidità psichedelica si fa più accentuata, benché in completo accordo con l’evoluzione interna dell’album, che sembra seguire un itinerario preciso e delineato nel più piccolo dettaglio. E’ infatti la parsimoniosa attenzione con cui vengono distribuiti per tutto i full lenght curati e selezionati arrangiamenti a dare una marcia in più alle composizioni,t estimonianza di un gusto che la dice lunga sull’esperienza dei musicisti coinvolti. Le temperature iniziano a salire con Descent To ZenithHell’s Winter, dove chitarra e violoncello giocano in coppia con un basso fenomenale, saturo, pieno e presente nei momenti più opportuni, flebile ed ondulante in altri. L’ipnotico espandersi nell’aria stagnante dei piatti risveglia i nostri sensi, poi subito catturati dal miraggio sempre più vivido che abbiamo dinnanzi, il viaggio è quasi concluso. La title-track, il pezzo di chiusura, è l’ultima grande sorpresa: una lunga apnea nei più reconditi meandri del deserto, uno scurissimo acquerello di immagini indefinite, una delirante introspezione da cui non vogliamo distogliere lo sguardo. Indescrivibile a parole il lavoro dei singoli strumenti, qui come mai in perfetta simbiosi e assoluta consapevolezza delle proprie capacità, in un contesto in cui un vibrato può fare la differenza. Dopo cinque pezzi per più di un’ora di musica, siamo completamente ristorati, affascinati ed esausti. Ma soprattutto riconoscenti: gli Earth ci hanno regalato un altro capolavoro non per tutti, da vivere e consumare, e non poteva esserci modo migliore per cominciare questo 2011.

(2011, Southern Lord)

01 Old Black
02 Father Midnight
03 Descent To The Zenith
04 Hell’s Winter
05 Angels Of Darkness, Demons Of Light I

A cura di Luca Padalino