Home RECENSIONI Maruja – Pain To Power

Maruja – Pain To Power

I tempi che stiamo vivendo non sono esattamente i più luminosi della storia dell’umanità, per usare un eufemismo. E i Maruja da Manchester non potevano scegliere momento peggiore − nel senso di migliore − per uscire con il loro primo vero lavoro in studio, dopo una manciata di EP e dopo una decina d’anni in cui si sono mossi nel sottobosco indipendente inglese. Pain To Power assorbe come una spugna il male in cui siamo immersi, prende la sofferenza senza fine del popolo palestinese (in Saoirse l’apice del dolore dei Maruja), prende gli aggiornamenti in tempo reale dai tanti fronti militari sparsi per il globo, prende le facce senza dignità dei signori della guerra e quelle altrettanto putride di certi politicanti, per perdersi in una lunga discesa negli inferi di un’umanità al collasso.

Da questo punto di vista, l’impianto apparentemente improvvisativo di “Pain To Power” diventa parte integrante della narrazione, perché mentre i Maruja sputano rabbia e disillusione sul mondo con cui siamo quotidianamente costretti a interagire, subendone il peso e la conseguente negatività, sotto si stagliano a volte lunghe digressioni di un jazz acido e freeform come in Look Down On Us, che nei suoi dieci minuti di durata colpisce fortissimo al petto; oppure un post rock apocalittico che guarda moltissimo ai maestri Godspeed You! Black Emperor (che hanno saputo, meglio di altri, dipingere il mondo dopo il mondo), come nel climax annichilente degli altri dieci minuti di Born To Die, che esplodono in una ficcante coda math.

Dall’iniziale Bloodsport, passando per la già citata Look Down On Us e, soprattutto, Trenches, quello che fanno i Maruja è affidare le proprie invettive a un’avvolgente emulsione in cui rap (per tenerci larghi) e jazz (per tenerci larghissimi) giocano a rimpiattino fra loro, facce diverse di una moneta il cui valore cresce con lo scorrere delle otto tracce dell’album. Nella conclusiva Reconcile, poi, il rap incontra uno spoken dimesso e, mentre la batteria di Jacob Hayes tesse l’ennesima superba trama ritmica, il disco scivola definitivamente su quel sofferente crinale sul quale è stato in bilico per tutti i suoi cinquanta minuti di durata. E sì, se ogni tanto, durante l’ascolto, dovesse capitarvi di pensare ai Rage Against The Machine, non si tratterebbe affatto di un miraggio.

Il sax di Joe Carroll, pare quasi inutile sottolinearlo, è il vero tratto distintivo dei Maruja, perché più che di uno strumento all’interno delle composizioni di una band ci troviamo al cospetto di una sorta di vera e propria voce narrante, messo lì appositamente per evidenziare certi passaggi, per riempire vuoti lirici con una violenza sonora a tratti disturbante, vedi il caso della strumentale Zaytoun, annegata com’è in un’atmosfera plumbea, claustrofobica e malinconica, quasi a testimoniare come il male snocciolato nel corso del disco abbia, alla fine dei conti, avuto tristemente la meglio. Un esordio-non-esordio, questo “Pain To Power”, che rischia seriamente di segnare l’annata discografica.

2025 | Music For Nations

IN BREVE: 4/5