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Sprints – All That Is Over

Sarà che li abbiamo visti bazzicare i palchi di mezzo mondo, sarà che di quel disco ne hanno parlato davvero tutti e tutti decisamente bene, fatto sta che non sembra affatto sia passato solo un anno e mezzo (poco più) da quando gli irlandesi Sprints hanno esordito con “Letter To Self” (2024). Con quel debutto Karla Chubb e i suoi avevano colpito nel segno grazie a una formula in cui un bel po’ di alternative nineties, garage e certo post punk si mescolavano tra loro in una sequenza di tracce tiratissime e, va detto, significativamente fuori dagli abusati schemi di quanto va al momento per la maggiore. Pur non presentando, va detto anche questo, nulla di sorprendente in termini di “novità”.

La difficoltà di non ripetersi era evidente, anche perché adesso il nome degli Sprints non sta più nell’elenco degli sconosciuti ma in quello di coloro dai quali ci si aspetta qualcosa. E qualcosa di succoso, mica roba gettata lì a caso. La scelta degli Sprints, coadiuvati ancora una volta da Daniel Fox dei Gilla Band, è stata quella di non crogiolarsi in una formula riuscita per mettere invece un po’ di altra carne sul fuoco, rimpolpando una proposta che, alla lunga, avrebbe anche potuto subire il peso di una certa ripetitività. Fin dall’inizio affidato a due tracce come Abandon e To The Bone, poi con Something’s Gonna Happen e nuovamente in chiusura con Desire, infatti, All That Is Over va a scandagliare gli ascolti new wave della band, ritmiche cadenzate, tanta pece nerissima spalmata sopra e una vicinanza alle Savages già evidenziata nell’esordio ma qui riproposta con convinzione.

Ecco, gli Sprints di “All That Is Over” sembrano aver messo da parte un bel po’ della loro indole punk. Non che manchino i momenti in cui la velocità prende il controllo, vedi Descartes (dove prima della deriva finale risalta nuovamente fuori Amy Taylor), vedi Need (in quota Lambrini Girls, altre che quest’anno hanno fatto boom), vedi Pieces (che ritorna invece su più sicuri sentieri post punk), ma è l’aspetto più noise della band ad occuparsi stavolta della componente “rumore”, come in Coming Alive o in Rage, che vive sul filo di un’esplosione sempre dietro l’angolo ma che arriva invece solo sul finale. A completare il quadro, troviamo anche una puntata lontanamente shoegaze come Better, giusto per ampliare ulteriormente lo spettro delle visioni degli Sprints.

E questo ampliamento del proprio spettro è servito alla band per fare nuovamente centro anche con il sophomore? Sì e no, perché l’apprezzamento per una coraggiosa ricerca di altre soluzioni e il coraggio di non adagiarsi sui complimenti ricevuti trasversalmente, sono stati compensati da una riconoscibilità leggermente intaccata, un lavoro di addizione e sottrazione che lascia così “All That Is Over” appena un gradino sotto il suo acclamato predecessore. L’equilibrio che gli Sprints riusciranno a trovare in futuro sarà dunque fondamentale per definire cosa questa band potrà essere e rappresentare nel proprio panorama di riferimento.

2025 | Sub Pop/City Slang

IN BREVE: 3,5/5