Home RECENSIONI Thom Yorke – Tomorrow’s Modern Boxes

Thom Yorke – Tomorrow’s Modern Boxes

tomorrowsmodernboxesLo scorso anno Thom Yorke insorse contro Spotify accusandola di non remunerare abbastanza gli artisti emergenti e ritirò dalla piattaforma sia “The Eraser” che gli Atoms For Peace (il suo compagno di merende Nigel Godrich fece sparire le tracce del suo bel progetto Ultraìsta). La sortita, da parte di uno che con “In Rainbows” inneggiava al paga-quanto-ritieni-giusto e aggirava i canali di distribuzione auspicandone di nuovi suonava un po’ come il rigurgito corporativista di chi vede lesi i propri interessi (che per un musicista professionista è una lecita rivendicazione), più che la difesa degli altrui diritti lesi. Definirlo un voltafaccia è forse eccessivo, ma c’è qualcosa di marcio sotto.

Comunque sia, Yorke, com’è ormai nello stile dei Radiohead, senza alcun preavviso pubblica il suo secondo album solista su BitTorrent, scaricabile a 6 dollari e definendolo come un “esperimento” dal punto di vista della distribuzione. L’esperimento varrà solo in proporzione a quanto ci guadagnerà? La faccenda si fa abbastanza paracula, preferiamo quindi andare al sodo, parliamo del disco.

Le differenze tra l’opera prima e questo nuovo episodio sono evidenti anche se non abissali. Se “The Eraser” era claustrofobico e caliginoso, Tomorrow’s Modern Boxes ha atmosfere più terse fatto com’è di ballate elettroniche minimaliste dal tono confidenziale. Non sorprende la piega stilistica intrapresa, così come non sorprende l’autismo à la “Kid A” di There Is No Ice (For My Drink) o il languido pianoforte di Guess Again!. Un’arietta stantia si staglia per tutta la breve durata dell’album che pare un corollario meno ispirato del già poco brillante “The King Of Limbs” dei Radiohead.

Ciononostante, non tutto è da cestinare, le cose migliori stanno a inizio e fine, intervallate dal 2-step etereo di The Mother Lode (il punto di contatto più evidente con la band-madre): A Brain In A Box apre con la semplicità disarmante della melodia vocale immersa nello strutturato paesaggio sonoro tratteggiato da Nigel Godrich; Nose Grows Some è gracile e dimessa ed è sempre sul punto di dissolversi nel vento. Ma è pur vero che Yorke sembra bloccato in un pantano stilistico che non ha più granché da dire. Sembra ingrato chiedere a uno degli artisti più influenti degli ultimi vent’anni ancora capolavori, ancora dischi-spartiacque, ma l’impressione è che Nigel Godrich, seppur talentuoso, non sia Jonny Greenwood e, ci duole dirlo, senza quest’ultimo Thom Yorke ha invero poche cartucce da sparare.

(2014, Autoprodotto)

01 A Brain In A Box
02 Guess Again!
03 Interference
04 The Mother Lode
05 Truth Ray
06 There Is No Ice (For My Drink)
07 Pink Section
08 Nose Grows Some

IN BREVE: 3/5