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Turnstile – Never Enough

Ѐ tutto giusto nel microcosmo − che ormai non è più così tanto micro, nient’affatto − dei Turnstile. Possono piacere o non piacere, ma che Brendan Yates e i suoi siano tra le figure più positive in circolazione è un dato di fatto difficile da smentire, al netto della musica. La sinergia con il proprio pubblico è diventata qualcosa di impareggiabile, sia durante i concerti che nei contatti virtuali di ogni giorno, creando un senso di comunità che non si vedeva da tempo; il loro impegno politico è genuino, sempre orientato al bene comune, con concerti gratuiti a supporto delle giuste cause; i Turnstile stanno persino contribuendo a riscrivere poco a poco le regole di comportamento dei live hardcore, con il rispetto nei confronti del prossimo sempre in primo piano.

Tutto questo al netto della musica, dicevamo. Ma poi c’è anche la musica e Never Enough continua in quel solco evolutivo che ha portato i Turnstile a diventare il nome enorme che sono nel loro ambito di riferimento, ma non solo. L’alleggerimento paventato già con “Time & Space” (2018) e definitivamente portato a compimento con l’acclamato “Glow On” (2021), in “Never Enough” giunge alla sua sublimazione grazie a una minuziosa ricerca del perfetto punto di incontro tra le radici hardcore della formazione di casa a Baltimora e quelle vene pop e glitterate che sono state il principale motivo della crescita esponenziale del pubblico della band.

Ciò che s’era sentito in “Glow On” viene qui portato all’estremo, con quasi ogni traccia chiusa fra intro e outro sintetici che s’incastrano in sequenza a creare l’atmosfera in sottofondo; Look Out For Me dura quasi sette minuti, ma scoccata la metà diventa una traccia dance infarcita da synth come fosse opera di uno dei producer più in voga del momento; Sunshower, invece, già ben prima del giro di boa trasforma l’iniziale − e anche abbastanza tirato − hardcore in un miscuglio di fiati su base ambient; Ceiling è un breve intermezzo incrostato di salsedine; Seein’ Stars e la conclusiva Magic Man giocano a rimpiattino con sonorità à la Tame Impala. Tutta roba che con l’hardcore ha poco o nulla a che fare, ma che nelle mani dei Turnstile funziona alla perfezione perché contestualizzata.

Ciò che ha fatto e continuerà a fare la differenza durante i loro live incendiari sono invece i momenti (la maggior parte, anche se potrebbe non sembrare così) in cui i Turnstile si rifanno sotto con le loro bordate al fulmicotone: Birds spinge in modo massiccio sul pedale dell’hardcore, Sole su quello di un pop punk da singalong, il drumming coinvolgente di Dreaming e poi Slowdive coi suoi riff heavy, ma anche il singolo e title track Never Enough e la prima parte della già citata Sunshower. Il modo corretto per lasciare ben visibile il proprio albero genealogico, per affermare con forza da dove vengono e non recidere un cordone ombelicale che sembra potergli dare ancora molto.

“Never Enough” non sarà certo il disco che riuscirà a sciogliere la diatriba tra i puristi che accusano i Turnstile di aver tradito il movimento hardcore e chi invece getta uno sguardo oltre al superamento di certi schemi, così come non è nel complesso un lavoro ai livelli eccelsi del suo predecessore. Ma è un album ancora una volta ispirato dall’inizio alla fine dei suoi trequarti d’ora di durata, un manifesto di libertà umana e artistica che tanti altri dovrebbero prendere in considerazione e che finisce per avere un’influenza a dir poco positiva su quanti si lasciano trasportare da esso. Fosse solo per questo (ma non è solo per questo), big up per i Turnstile.

2025 | Roadrunner

IN BREVE: 4/5