
Se siete capitati di recente a un live show dei Fontaines D.C., probabilmente vi sarà capitato di ascoltare un brano dei Whipping Boy. Ora. Se siete degli illuminati, lo conoscevate già. Se siete degli illuminati e non lo conoscevate: ne siete rimasti abbagliati e lo avete cercato. Se non siete degli illuminati: lo avete beatamente ignorato, ma non preoccupatevi. Siete ancora serenamente in tempo per entrare nel club. Perché i Whipping Boy fanno parte di quella numerosissima schiera di Llewyn Davis che i fratelli Coen hanno meravigliosamente narrato, quei beautiful losers così percepiti solo perché il successo non li ha investiti, cavalcati, sputati e spesso rovinati se non uccisi. I Whipping Boy, con all’attivo tre soli album tra il 1992 e il 2000. I Whipping Boy, che si sono formati a Dublino per merito di un geniaccio cresciuto a Edenderry: quattromila anime o poco meno tra le quali, sia lodato il cielo, Fearghal McKee. I Whipping Boy, che non a caso stanno in tutti i warmup della migliore irish band contemporanea, sopracitata, e che hanno ispirato la copertina del loro ultimo “Romance”. Un chiaro riferimento, appunto, a quella di Heartworm.
Corre l’anno 1995. C’è questo quartetto che unisce un istinto melodico straordinario, da ballad, a un approccio molto ruvido tipicamente nineties: grunge, noise, shoegaze levigato e riesploso. Il primo disco, “Submarine”, è molto solido: il talento è palpabile e alcuni brani già memorabili. Ma siamo nel pieno della stagione dei capolavori, ancora al picco della carriera dei conterranei U2 e nell’occhio del ciclone My Bloody Valentine. In pochi lo notano. Loro di certo non fanno i piacioni: non gli appartiene, non gli apparterrà mai. Però c’è un capolavoro dietro l’angolo. “Heartworm” esce nel giorno di Ognissanti; e li fa voltare tutti dalla sua parte. Comincia con un violino, come se fosse una fine. “Waiting to be bled, turning tricks just like your mother. Left my dreams for dead, making out with every other”. Twinkle fa quello che deve fare una prima traccia: appiccicartisi addosso come l’olio denso di cui scriveva Sanguineti, spianare la strada ad altre nove sorelle che potevano tutte, tranquillamente, essere singoli lancio dell’opera.
Certo, alcune sono proprio fuori dalla grazia di Dio. When We Were Young, tanto per cominciare. Forse uno dei brani migliori di tutta la decade: un inno dimenticato a una giovinezza strappata, con i suoi versi da antologia. “Quando eravamo giovani non moriva nessuno, nessuno diventava vecchio […] e la prima volta che amavi, avevi tutta la tua vita da offrire”. Semplicemente uno di quei pezzi da far ascoltare a uno sconosciuto del quale pensi di poterti invaghire per comprendere due cose fondamentali. Se ha gusto, naturalmente. Ma prima di tutto se ha un cuore. Poi ci sono We Don’t Need Nobody Else, Blinded, Fiction. Un saggio di songwriting in cui fanno la parte del gigante tutte le componenti: i cambi d’umore della chitarra di Paul Page, la ritmica chirurgica ma ruvida di Colm Hassett, il basso sempre presente e mai lascivo di Myles McDonnell. “Heartworm” è semplicemente un disco in cui tutto sembra al suo posto, tutti sono a servizio della canzone e mai per se stessi. Non c’è “io” da nessuna parte: solo una voglia immensa di partire da “noi quattro” per diventare “noi: chiunque sia qui per questo”.
I Whipping Boy partiranno in tour come opening di Lou Reed, sulla spinta della Columbia che li ha pubblicati senza capirli del tutto. Funzionerà poco o niente. Come già successo a molti prima di loro, quello che doveva essere il trampolino di lancio si trasforma in una rampa verso la disillusione – un tema nel quale il quartetto già apprezzava sguazzare, ma senza commiserazione. Fearghal McKee ha sempre detto, d’altronde, che loro ce l’hanno fatta. Che hanno fatto esattamente ciò che volevano: hanno suonato quello che volevano, come volevano, quando lo volevano. E cos’altro puoi chiedere mai a un artista? Vallo a spiegare a quelli che misurano la grandezza in stadi. A quelli che diventano un brand. Fai una cosa. Togli la R e ricordati. Ricordati di quand’eri giovane. Di quando non avevi paura, non avevi “un passato che ti rincorre”. Chi ama la musica non sta mai, veramente, dalla parte di chi sembra aver vinto. Ama chi prende le frustate al posto del principe, chi subisce sul proprio corpo una punizione che un futuro monarca non può esibire. Una figura realmente esistita a corte e passata alla storia con un nome preciso. Whipping Boy.
