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Gianni Maroccolo: Storia del rock italiano

Una conversazione, virtuale, lunga un mese, fatta di domande pensate e di risposte ragionate, tra l’insaziabile (solita) curiosità di sapere del cronista e la gentilissima, nobile, disponibilità del musicista che ha fatto, scritto e suonato la storia del rock italiano. La redazione de Il Cibicida è orgogliosa di presentarvi l’estratto integrale dell’intervista rilasciataci dal grandissimo Gianni Maroccolo, un tuffo nel mare dei ricordi e una nuotata tra le nuove onde del progetto IG che lo vede accanto ad Ivana Gatti. Buona Lettura.

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È strana la genesi di IG, un progetto che nasce, o meglio “diviene”, senza essere stato concepito (la vostra è una collaborazione nata via email, esatto?)… la domanda è: quanto questo aspetto ha inciso sul vostro modo di essere estremamente dinamici, si pensi alla lineup in continua metamorfosi o alla distribuzione esclusivamente via web?
Il web ci ha fatto incontrare, ma credo che sarebbe avvenuto lo stesso. Come diceva Ivana: Niente avviene per caso! Ma aldilà del nostro incontro, il web ha da tempo modificato le nostre vecchie abitudini. Un potenziale infinito di possibilità, ma se usato con intelligenza. Io e Ivana abbiamo voluto da subito condividere con il “popolo della rete” il nostro viaggio attraverso la nascita del sito di IG creato da Silvio Perticaroli. Logica quindi la scelta di rendere disponibile esclusivamente online il minilp “Resta”. E poi “Resta” è per noi una sorta di polaroid di questo primo anno di lavoro comune. La documentazione sonora e visiva della nascita di un progetto non ancora messo a fuoco e tutt’ora “in viaggio”. Questa è la realtà di IG! Procedere con tranquillità, senza fretta, senza una meta precisa, e aperti verso qualsiasi possibilità di collaborazione e incontro con altri artisti e con i più variegati universi artistico/musicali. Mentre finivamo di missare “Resta” è nata IGBanda che ha rimescolato le carte e nel frattempo Ivana ha continuato a comporre rimettendo a sua volta in discussione quello che fino a poco tempo fa credevamo fosse il nostro primo album.

A proposito di web… un lavoro come “Resta”, può essere letto come una risposta ad un mercato discografico in crisi, incastrato all’interno di una scatola vetusta che vede in internet un nemico? Visto che ci siamo, quali sono gli agenti che ne hanno determinato, a tuo avviso, il declino, e soprattutto è sempre valida la cura da te più volta enunciata, ovvero “suonare, suonare, suonare”?
Che il palco e il concerto siano diventati essenziali per la vita di un musicista è innegabile. In qualche modo credo che suonare dal vivo sempre-comunque-dovunque sia vitale oltre che per farsi conoscere, anche per decretare spesso e volentieri se dietro ad un progetto vi sia talento vero. Che vi sia crisi a livello discografico è altrettanto vero, ma credo si stia attraversando un periodo di transizione molto complesso. Si sta per toccare il fondo in molti sensi, ma appena ciò avverrà, capiremo come tutto ciò che ruota intorno alla musica verrà ridisegnato. Dopodichè tutto ripartirà come sempre, perché da sempre è stato così. Non si sa bene cosa succederà, ma qualcosa sta per accadere. I tempi sono cambiati e non è solo il web a dimostrarcelo. La musica circola più liberamente. Virtualmente si può trovare di tutto e di più se lo si desidera, e a qualunque prezzo… anche gratis! Il cd in quanto supporto sta esaurendo la sua ragion d’essere… I-Pod, masterizzatori, mp3, web, concerti, bootlegs… la musica inizia a circolare ovunque e comunque aldilà del “supporto”. E questo è comunque bene checchè ne dicano colleghi ben più blasonati di me che stanno a piangere e a fare cause legali se qualcuno scarica un mp3. È sempre stato così! Quando ero ragazzino mia sorella aveva un mangiadischi… solo ed esclusivamente 45 giri… ma dalla radio io cominciavo già a registrarmi le canzoni che mi piacevano con un mangianastri usando il microfonino incorporato. E così è stato per anni… per 10 LP in vinile venduti circolavano 10 cassette “pirata”… poi con l’avvento del CD, i CD taroccati… la musica in fondo, non cambia… viaggia per suo conto al di là delle leggi di mercato e, ripeto, è un bene soprattutto per chi vuole farsi conoscere e promuovere le proprie idee e la propria musica.

Che sensazioni trasmette la voce di Ivana al Maroccolo ascoltatore? E quali al Maroccolo artista? Non è escluso, ovviamente, che le due posizioni coincidano.
Adoro la voce di Ivana. Mi esalta la sua varietà timbrica, il suo passare dal greve all’alto con naturalezza estrema. Sa essere dolce e cattiva! Sa sussurrarti o parlarti. Canta di pancia, in modo istintivo nonostante sia dotata di una tecnica vocale impressionante. Una voce emozionale e molto personale. Ma oltre la sua voce c’è molto altro… Ivana oltre che cantare e scrivere i testi, compone le canzoni di IG. È una musicista eccezionale. Un’artista che sento a me affine ancor prima che come cantante, come musicista e artista. Sensibilità affini captate da subito, stesso approccio alla musica… Sincero-Vero-Concreto! Una persona che non ha timore di mettersi a nudo e che si mette in gioco fino in fondo. Una rarità in tempi dove tutto è “fiction”, dove si tende più a sembrare che ad essere, dove il mascherarsi è d’obbligo.

Con “ACAU” sei riuscito, come forse nessuno, a riunire in un solo album dalla Consoli a Manuel Agnelli, da Chimenti a Godano etc… credi che si possa dire che esiste un rock italiano o è un agglomerato vago, decisamente non organico e, soprattutto, indesiderato?
Non saprei. E non credo stia a me dirlo. “ACAU” è una meravigliosa alchimia umana ancor prima che artistica. Un bonus che nella vita ti è concesso per una sola volta. “ACAU” ha riunito intorno a me una schiera di artisti che stimo e a cui sono legato da affetto sincero. E tutto questo va ben aldilà di un disco o di una canzone.

Il collasso dei CSI è stato anche il collasso di parte delle ambizioni delle etichette indipendenti? Una tua opinione a riguardo.
Il collasso dei CSI è imputabile solo ai CSI. Un ciclo si era chiuso e non siamo stati in grado di trasformarci in “altro”. Una storia importante, determinante per la mia vita, densa e pregna di grandi gratificazioni che porterò sempre con me, ma che è sfumato in modo naturale. In più credo che non riuscimmo a reggere le forti pressioni causate dal “piccolo/grande successo” che ottenne “Tabula Rasa Elettrificata”. I palazzetti gremiti, la folla urlante, la nostra casa discografica che ci pompava ovunque… forse eravamo stanchi, non pronti… non so. C’è anche da dire che in quel periodo la vita di ognuno di noi stava cambiando… mah, ripensandoci, tutto sommato credo che CSI sia finito a causa di scelte più private e di vita molto poco inerenti alla musica. Casualità ha voluto che anche il CPI e molte altre indies abbiano chiuso i battenti nello stesso periodo.

Ogni qualvolta che si parla di te, è d’uopo citare le numerose band in cui hai militato, consci di peccare di originalità ti chiediamo: è più difficile abbandonare un gruppo o essere testimoni dell’addio di un altro “dell’equipaggio”?
Assolutamente essere testimoni dell’addio di uno dell’equipaggio. In fondo l’abbandono ha un po’ il sapore della fuga. A me capitò di fuggire dai Litfiba. Gli anni mi hanno poi insegnato che se si tiene davvero a delle persone e ad un progetto, beh, si deve essere disposti anche a soffrire e a far tacere il proprio ego. Forse è un eccesso, ma credo che fuggire in fondo sia più comodo che esserci e resistere.

A tal proposito ti chiediamo: ti senti il quarto dei Marlene Kuntz?
Mi sento parte dei MK sin da quando nel ‘94 pubblicai il loro primo album “Catartica”. Qualcosa di viscerale e molto profondo ci lega da più di dieci anni. Per me non fa molta differenza condividere con loro musica e pezzi di vita con un basso a tracolla o senza. Non mi sento però un “marlene” perché da sempre, per me, sono “quei tre” i Marlene Kuntz… Cristiano, Luca e Riccardo.

I P.G.R. sono un gruppo o un movimento artistico/culturale? Ne approfittiamo per chiederti se è in cantiere un terzo capitolo.
Un terzo capitolo è previsto, ma non ho idea del come-dove-quando! In questo momento ognuno è immerso in progetti diversi e quindi è davvero complesso pensare di poter pianificare qualcosa a breve termine. Ne riparleremo fra un anno o due. Cosa siano i P.G.R. non lo so… eheheheh… difficile catalogare un’ensemble del genere. Siamo rimasti in tre, questo è un dato di fatto. Anni di convivenza umana e artistica e mille difficoltà superate insieme ci hanno permesso di diventare veri amici. E questa è la cosa che più conta per me. Parlare di P.G.R. come di un “movimento culturale” mi pare esagerato, ma in effetti Pgr non è nemmeno un gruppo… lo chiedo a te, come definiresti P.G.R.?

Marco Parente ci ha descritto Ferretti come un artista dall’alto contenuto contraddittorio, caratteristica che, a parer suo, lo fa un grande della musica italiana. Qual è il tuo rapporto con lui? E soprattutto, cosa c’è in comune tra le 3G (Maroccolo, Ferretti, Canali), visto che musicalmente, presi nei vostri progetti paralleli, non vi assomigliate troppo…
Beh, non credo che Giovanni sia poi così contraddittorio. Lo percepisco anzi come una persona molto coerente e la sua storia mi pare lo dimostri. Giovanni ha il coraggio di manifestare le sue idee senza autocensurarsi e soprattutto ha la grande dote di rimetterle in discussione e di cambiarle. Una mente lucida. Un’ acuto osservatore del genere umano. Un grande cuore! Il mio rapporto con Giovanni è qualcosa di prezioso. Lo dico senza remora alcuna, un punto di riferimento essenziale sotto tutti i punti di vista per la mia vita. E la stessa cosa posso dire di Giorgio! Tutti e tre ci abbiamo messo un secolo ad aprirci e a conoscerci bene. Avere a che fare con Giorgio e Giovanni è sempre come tornare a casa e ritrovarsi in famiglia. Ci apprezziamo, ci stimiamo, ci sopportiamo a vicenda. Non ci somiglieremo molto, e questo è vero, ma credo che questo sia un punto a nostro favore più che un limite.

Come definiresti le innumerevoli uscite indie-rock degli ultimi anni? Filone? Coincidenze musicali? Moda?
Filone.

Consigliaci tre album usciti nel 2005.
Confesso che non ho ascoltato molta musica nel 2005… perdonatemi!

Il ruolo dell’artista. In passato l’artista era considerato uno dei principi comunicatori di messaggi (sociali, politici, culturali), adesso è solo un accessorio della comunicazione vorticosa dell’attuale società. Una società che confonde e manipola. Una comunicazione che comunica solo quello che vuole. Che senso ha ormai fare canzoni con messaggi ben definiti, se si ha la quasi certezza che poi saranno manipolati o mal interpretati?
Credo abbia davvero poco senso. Fino a qualche tempo fa, la musica ha avuto il potere di far riflettere intere generazioni. Molti giovani sono cresciuti ascoltando canzoni e si sono formati una loro coscienza anche grazie ai messaggi in esse contenute. La musica aggregava, era “colonna sonora” di grandi lotte, di mutazioni sociali. Veicolava pensieri, emozioni, idee, ideologie, sogni e speranze di intere generazioni. Ma da anni ormai ha perso questo potere ed è tornata ad essere semplicemente “musica”. Oggi è così, la musica per la musica. Punto e basta. Continua a veicolare emozioni e ad appassionare ma senza incidere più di tanto nella vita delle persone. Questo non vuol dire che non si produca musica di qualità, ma il mercato ci offre solo un misero 10% della musica che viene prodotta e suonata nel mondo, e la voglia di andarla a scovare altrove è veramente poca… almeno per ora!

In conclusione domanda di rito: se ti dico Cibicida tu a che cosa pensi?
Un pesticida amico che elimina le nefandezze più tremende utilizzando solo del buon cibo!